Costruire le Buyer Personas nel B2B

Le Buyer Personas. Perchè utilizzarle.

Tempo fa ho scritto un articolo sulle Personas nel B2B, cioè la descrizione più puntuale possibile dei nostri utenti e potenziali utenti. La Persona è la rappresentazione virtuale del nostro potenziale acquirente, descritto nei suoi bisogni, sfide, aspirazioni e ostacoli e come il nostro prodotto o servizio può rispondere a questi aspetti.

Io penso che tale rappresentazione, soprattutto nel B2B, sia il miglior modo per capire le esigenze delle persone e proporre dei contenuti adeguati se il nostro prodotto o servizio può rappresentare una soluzione.

Vediamo come.

Audience e Personas. Quali sono le differenze?

Come scrivevo nel precedente articolo, mentre la nostra classica audience, descrive genericamente un mercato di riferimento, la persona descrive nel dettaglio le esigenze e i sogni di potenziali utenti, nella loro condizione sociale e professionale, creando proprio la descrizione di una persona vera e propria, seppur ovviamente  rappresentativa di un determinato gruppo.

Nell’esempio citato, l’audience dei potenziali clienti dei nostri prodotti è quella dei carrozzieri.

La Personas è invece Mario, un carrozziere di 50 anni, che ha una sua attività in proprio e che investe regolarmente sui macchinari, che ha poco tempo per aggiornarsi ma vuole comunque cogliere le opportunità che una novità può introdurre nel suo business, con un impegno finanziario che può essere anche fonte di una certa preoccupazione per lui e la sua famiglia.

Questo è molto più di un’audience.

A questo punto però vi chiederete come reperire i dati che occorrono per creare le personas.

Dove reperire le informazioni che occorrrono per creare la nostra persona.

Ci sono diversi modi e fonti da utilizzare per creare la nostra persona, il nostro Mario di cui sopra.

Partiamo subito dalla nostra esperienza, in quanto conoscitori del settore. Ciò già sgrossa la personas a grandi linee.

Poi vanno coinvolti i nostri commerciali e i nostri tecnici, fonte preziosa di informazioni dal campo.

Altro suggerimento è quello di creare un campione simile dal vostro CRM, e visitare i loro siti web e vedete come si descrivono, come parlano di se (la pagina Contatti e  quella Chi Siamo spesso è la fonte migliore per capire i nostri potenziali clienti), nonchè quella relativa ai prodotti proposti e come ci si promuove sulle pagine social.

Usate poi Google TrendsADWords e Barometer, i pubblici di Facebook Insights per capire come gira il mondo intorno al vostro potenziale utente.

Cercate anche informazioni sugli andamenti economici di settore (ce ne sono tantissimi), le composizioni delle aziende del mercato a cui vi riferite, i trend del mercato e interviste a opinion leader.

Utilizzate anche Google Search Console, per capire le keyword che sono normalmente usate per arrivare alle pagine del prodotto che intendiamo promuovere.

Ultimo, ma esperienza che consiglio, è quello di parlare con i clienti che hanno già un propdotto simile o potenzialmente potrebbe essere interessato alla nostra nuova soluzione. Magari si sentono tantissime idee impraticabili ma sicuramente vengono fuori due o tre spunti veramente interessanti.

Sono del parere che bisogna sempre usare le personas, qualunque sia l’attività che dovete fare: lancio nuovo prodotto, evento, promozione.

Vedrete voi stessi (e ne sarete stupiti di come il tutto si comporrà con chiarezza) come i messaggi e i toni, così come i contenuti, assumeranno un senso maggiore e veicolaranno informazioni realmente utili per i vostri potenziali clienti.

Costruire le personas nel B2B
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Cosa fare con le informazioni che abbiamo raccolto

A cosa servono le informazioni di cui abbiamo parlato sopra? Semplice, a descrivere il nostro potenziale utente nei seguenti aspetti:

CHI È, COSA FA E QUAL È IL SUO RUOLO

Il punto descrive nel dettaglio il nostro utente e qual è la sua posizione all’interno dell’azienda e altri dettagli anagrafici, professionali e familiari.

STRUTTURA DELLA SUA AZIENDA

Com’è la sua azienda, come è strutturata, a chi si appoggia per fare il suo lavoro e altre note relative a una possibile composizione di un’azienda di questo tipo.

COME RICERCA LE INFORMAZIONI

Come s’informa? Legge riviste di settore, vista siti web di settore, frequenta fiere specializzate, parla con i rappresentanti che lo visitano o con i tecnici?

COME COMUNICA CON I SUOI CLIENTI

Il nostro interlocutore possiede siti web, pagine Facebook, Instagram, Pinterest, organizza eventi, open house, fa newsletter oppure conta solo sul passa parola?

QUALI SONO I SUOI VALORI E OBIETTIVI

Qui descriviamo quali sono i possibili traguardi personali e aziendali, quali sono i suoi valori di base che lo guidano e la sua direzione di sviluppo professionale.

QUALI SONO I SUOI BISOGNI E PROBLEMI

In questo punto, descriviamo quali sono i suoi problemi, espliciti o latenti (i più difficili ma spesso quelli più importanti) e i suoi bisogni che vorrebbe colmare.

QUALI POSSONO ESSERE LE OBIEZIONI AL NOSTRO PRODOTTO

Qui elenchiamo le obiezioni, le possibili critiche o i commenti al nostro prodotto che la persona potrebbe fare, considerando anche che la concorrenza potrebbe offrire prodotti o servizi similari ai nostri.

COSA IL NOSTRO PRODOTTO RISOLVE

Qui bisogna descrivere cosa il nostro prodotto risolve al nostro potenziale cliente, migliorandogli la vita sia  professionale che personale.

Perché creare le Personas

A questo punto la domanda sorge spontanea. Perché dovremmo interessarci e strutturare informazioni che i nostri venditori hanno già o probabilmente sono patrimonio comune nella nostra azienda?

Semplicemente perché oggi la maggior parte delle ricerche per l’acquisto è fatta su internet, soprattutto per il B2B.

Come scrivevo nel precedente articolo, per un acquisto importante e prima di incontrare un venditore della nostra azienda, un professionista oculato avrà già girato la rete, raccolto informazioni, prezzi, pareri, pro e contro del nostro prodotto e di quelli della concorrenza, e avrà già una certa idea di come procedere.

Tutto questo verrà filtrato con le sue ambizioni, paure e bisogni che abbiamo descritto sopra.

Il nostro messaggio e quello dei competitor arrivano “drogati” da ciò che in quel momento la persona sta vivendo, sognando, soffrendo o desiderando.

Ecco perchè far tesoro di queste informazioni frammentate tra persone e database e capitalizzarle in qualcosa di più utile è un passaggio fondamentale.

In uno dei miei post citavo l’importanza di essere on-line come azienda per questo motivo. È interessante anche capire come dovremmo esserci e cosa comunicare.  Qui la descrizione della Personas ci viene in aiuto.

Ecco il profilo della persona!

Capito il come e il perchè, Stabiliti questi punti, ci ritroveremo non più con una audience generica ma con un preciso identikit di una persona che può essere interessata al nostro prodotto e a cui noi possiamo veramente portare delle soluzioni..

Questo ci permetterà di costruire un piano di comunicazione adeguato per tutte le fasi del customer journey  in un modo che sia interessante per il nostro potenziale utente.

Dopo le Personas

L’esercizio della creazione di personas ci avvicina in maniera più vera alla nostra potenziale clientela, facendoci interessare seriamente alla vita reale delle persone, al di là del fatto di vendere qualcosa, almeno nell’immediato.

Le persone si rivolgeranno a noi se il nostro prodotto o servizio è effettivamente utile per lui. Per questo il piano di comunicazione costruito sulle Personas è importantissimo. Un esercizio utile, che ci fa crescere come imprenditori e come uomini.

La creazione delle Personas ci aiuta nel costruire un rapporto dove il nostro marchio si trasforma in un partner, che deve vendere, ma sa anche consigliare, indirizzare e ogni tanto tacere per ascoltare la persona che c’è dall’altra parte.

Comunicare on-line e off-line. Cosa significa per la tua azienda

Cosa significa per la tua azienda comunicare on-line e comunicare off-line? Soprattutto cosa significa questo per una piccola/media azienda senza grandi budget o risorse?

Come possiamo approcciare a questi due tipi di comunicazione nella nostra strategia marketing?

Off-line e on-line

Nelle piccole e medie aziende, la comunicazione off-line è quella solitamente fatta tramite gli eventi, i cataloghi, depliant e tramite la pubblicità su riviste. Tempo fa ciò rappresentava il maggior veicolo di comunicazione per un’azienda che voleva farsi conoscere o lanciare un prodotto.

Con l’avvento di internet, il gioco è cambiato. La comunicazione è diventata molto on-line, cioè sui media digitali, che sono sia dell’azienda (sito web, blog, piattaforme di e-mail, altresì definite come owned media o media posseduti) sia appartenenti ad altri ma utilizzate dall’azienda per veicolare i propri messaggi (principalmente le pagine social come Facebook e Linkedin, piattaforme come YouTube o Instagram).

In questo caso, utilizziamo le piattaforme social ma esse non sono nostre.

Queste piattaforme prediligono l’interazione tra l’azienda e gli utenti, per cui bisogna anche essere pronti a dedicare del tempo per costruire e alimentare relazioni che scaturiscono dalla pubblicazione dei contenuti.

Come lavorano insieme l’off- line e l’on-line?

Per mia esperienza, l’una non esclude l’altra. Anzi, le due cose sono molto complementari.

Chiedetevi dove sta la vostra clientela consolidata (magari un paio di consigli utili li trovate in quest’articolo) e focalizzatevi su quei canali. Poi valutate dove possono “stare” altri potenziali clienti interessati alle vostre soluzioni, che hanno interessi e comportamenti diversi da quelli della vostra clientela standard, in modo da cominciare a capire come raggiungerli.

Poi buttate giù il piano d’azione tenendo a mente l’obiettivo da raggiungere.

Un esempio pratico

Facciamo un esempio pratico di un lancio prodotto.

Le persone primariamente interessate saranno quelle che magari già vi conoscono. Qui vale un tipo di comunicazione.

Poi, come detto, volete espandere la vostra rete di potenziali acquirenti. Qui farò una comunicazione diversa.

Vi occorre un minimo di flessibilità per arrivare a questi due macro gruppi ed ecco perché l’uso combinato dei canali off-line e on-line diventa molto utile.

Ipotizziamo. Il lancio del prodotto può essere fatto in fiera oppure nella vostra rete vendita con eventi ad hoc. Il supporto al prodotto nell’evento sarà fatto con allestimenti mirati, cataloghi a supporto, video, depliant e materiale per la forza vendita. Tutta roba off-line.

Chi è già vostro cliente non avrà bisogno di approfondire la conoscenza del vostro marchio o della vostra azienda, ma valutare quali vantaggi questo nuovo prodotto può apportare nella sua attività.

Il focus di questa comunicazione sarà quindi di evidenziarne i benefici e i vantaggi rispetto ai prodotti concorrenti (concorrenti che potenzialmente sono già sui vostri clienti con offerte e proposte).

Tali attività sono difficili da fare off-line per il livello di flessibilità e di tipo di contenuto che essi richiedono.

Il catalogo e l’evento debbono essere per loro natura eterogenei e soddisfare inizialmente diversi tipi di potenziali acquirenti.

Allora come calibrare la comunicazione per questo nostro primo target?

Ecco che entra in gioco l’on-line. Qui potete realizzare specifici articoli e contenuti per evidenziare vantaggi e benefici, espressamente diretti a chi è già vostro cliente, evitando di “ammorbarli” sulla storia del vostro brand, sul perché dovrebbero scegliervi e altro ancora.

Nuovi potenziali clienti

La nostra comunicazione off-line è pronta, il prodotto si sta lanciando. Abbiamo organizzato l’evento o la fiera. Ma cosa dire a chi  non ci conosce e che sappiamo essere un potenziale cliente? Come raggiungerlo?

Ancora una volta, la parte on-line ci viene in aiuto. In questo caso, ipotizziamo che avremo bisogno di parlare del prodotto, ma a un livello più generale, evidenziandone le opportunità che esso permette di cogliere a chi non ancora conosce bene né noi né il nostro prodotto. Creeremo contenuti che ispirino, mostrino vantaggi per il nostro potenziale acquirente e supporteremo il tutto con con dei casi studio, studi di settore e trend di crescita. Una comunicazione diversa rispetto a quelle per chi è già nostro cliente.

Parleremo così anche del brand, chi siamo e cosa facciamo. Tutto questo lo faremo con strumenti on-line, con articoli e contenuti ad hoc facili da reperire e distribuire.

Se volessimo realizzare delle comunicazioni via mail, la nostra strategia potrà prevedere due diversi messaggi per il lancio del nostro prodotto, per chi è già cliente e per chi invece potrebbe diventarlo.

Per chiudere

L’esempio di cui sopra fornisce uno spunto di come integrare i due tipi di comunicazione, off-line e on-line, nella vostra strategia.

Esse sono diverse tra loro, ma assolutamente complementari e necessari.

Tale combinazione permette di raggiungere in maniera più raffinata diversi pubblici e presidiare tutti i punti di contatto con i nostri clienti e potenziali clienti.

Fate però tutte queste attività guardandole con gli occhi di chi è già vostro cliente o di chi potrebbe diventarlo. Magari questo articolo potrà darvi qualche spunto.

Le cose funzionano se apportano dei benefici non solo alla vostra azienda ma anche a chi vi sceglie. All fine, credetemi, è veramente tutto qui.

Vittorio Neri

Outbound e inbound.

Inbound e outbound. Due mondi complementari

Inbound marketing e outbound marketing.

Credo che, anche se non si è completamente sicuri dell’esatta definizione, ambedue sono cose che in azienda già fate, per promuovere i vostri prodotti e i vostri servizi.

Giusto per significare la cosa subito. Se fate pubblicità su riviste, mandate e-mail, fate fiere di settore, state facendo outbound (mandate fuori informazioni). Se scrivete articoli sul vostro sito o sul vostro blog, state facendo inbound marketing (le persone portano dentro di loro informazioni che voi date).

Negli ultimi tempi si è molto parlato di inbound marketing, spesso come alternativa all’outbound. Ma non credo valga la pena per un’azienda ragionare in questo modo perché inbound e outbound sono complementari e uno senza l’altro semplicemente non funzionano.

Prima di farci una ragionata, vediamo brevemente cosa significa (o si intende) in maniera un po’ più approfondita per inbound e outbound marketing, almeno secondo le definizioni che oggi possono essere attribuibili alle due parole, soprattutto perché gli utensili per la comunicazione cambiano e variano in maniera molto veloce.

Inbound e outbound. Rapida definizione

Gli inglesismi sono molto utili perché hanno la capacità di condensare in una parola un intero processo o significato. Questo calza perfettamente per outbound e inbound (non sempre in altri ambiti).

Con outbound marketing si intende l’insieme delle azioni di promozioni e marketing dove noi, come azienda, contattiamo chi riteniamo possa essere interessato ai nostri prodotti o servizi. Quindi l’azione è principalmente svolta da noi aziende. Come lo facciamo?

Usando il telemarketing, la posta tradizionale, la TV, la radio, inviando tramite mail campagne pubblicitarie o promozioni, newsletter, ADWords, campagne Facebook, pubblicità su riviste di settore, cataloghi fiere. Metterei per completezza nella lista anche gli eventi fieristici e le porte aperte (open house).

Per inbound intendiamo quelle azioni di marketing cha scattano quando è il potenziale cliente che ci cerca, perché ha intuito un’opportunità o vuole risolvere un problema o semplicemente cerca di approfondire le sue conoscenze su una tematica in previsione di un acquisto o una scelta importante. Gli utensili da usare sono la produzione dei contenuti (testuali, video, grafici) e una buona strategia di marketing SEO.

Le differenze tra i metodi e un esempio pratico

Le differenza tra le due azioni, inbound e outbound, sono notevoli e anche in termini di risultati. L’outbound tende a “inserirsi” nella vita delle persone mentre l’inbound soddisfa un’esigenza che nasce dalla persona stessa.

L’outbound è stato molto pervasivo in passato e per questo ha creato attorno a lui una sorta di diffidenza, una cosa da cui difendersi. Da qui l’inbound (soprattutto per il lavoro svolto da Hubspot in questo senso) ha preso piede. Le informazioni sono disponibili in rete (l’inbound è principalmente informazione in rete) solo quando sono effettivamente cercate dalle persone per uno scopo.

Soprattutto con l’avvento del digitale e della quantità di contenuti disponibili, l’inbound si è molto evoluto e raffinato, utilizzando tecniche sempre più interessanti per fare in modo che l’informazione cercata su un determinato prodotto o servizio che guarda caso noi offriamo, esca fuori tra le prime pagine di Google ed esca fuori come fornita dal nostro brand.

L’inbound prevede poi che le informazioni fornite siano coerenti con il viaggio d’acquisto (purchase o customer journey) della persona.

All’inizio del viaggio inutile fornire sconti o informazioni super tecniche ma meglio illustrare opportunità e vantaggi.

Viceversa fornire informazioni tecniche e comparazioni è indicato quando la persona è vicina all’acquisto è vuole essere sicura della bontà della sua scelta (inutile invece se è solo all’inizio del suo processo di valutazione tali informazioni creerebbero solo confusione e rifiuto)

Esempio pratico. Se vendiamo ventilatori da soffitto, potremmo fornire informazioni di come un ventilatore possa fornire refrigerio, dare le informazioni sulla scelta del giusto ventilatore per il nostro ambiente e magari mostrare qualche breve video con testimonianze circa i vantaggi di tale scelta.

Non stiamo vendendo nulla, se non la nostra esperienza e la capacità di fornire consigli utili a chi sta cercando notizie sui ventilatori perché è molto caldo oppure pensa di installarne uno dopo averlo visto a casa d’amici. Siamo all’inizio di un processo decisionale

Tale flusso d’informazioni dovrebbe poi condurre la persona interessata ad approfondire l’offerta che la nostra azienda propone in termini di ventilatori da soffitto e far chiedere informazioni alla nostra forza commerciale tramite un’apposita richiesta di contatto sul nostro sito.

Come vedete, il punto di partenza è la volontà da parte della persona di cercare informazioni a seguito di un’idea o di uno spunto arrivato da fonti esterne (l’amico).

Ora, ci possono essere anche altri modi per destare curiosità, attenzione sui nostri prodotti ed è quello che si fa con l’outbound.

Una pubblicità su una rivista di settore, se ben fatta, può dar vita al processo decisionale della persona. Una visita al nostro stand durante la fiera può far scattare l’interesse verso le nostre soluzioni.

Combinazioni di inbound e outbound nel nostro piano di marketing

La combinazione tra outbound e inbound sviluppa un piano di marketing e comunicazione abbastanza completo che ha una duplice funzione:

  1. Generare interesse sui nostri prodotti per produrre vendite e far emergere il nostro marchi non come un mero venditore di prodotti
  2. Capace di educare, guidare e consigliare una scelta per un eventuale acquisto.

Di questi esempi ne trovate diversi. Velux Italia, che vende finestre per mansarde, propone una ricca sezione di consigli utili di come ristrutturare il sottotetto.

Con Roland abbiamo fatto tempo fa diverse guide che volevano illustrare il funzionamento di una determinata tecnologia per far valutare opportunità di business o semplicemente approfondire la conoscenza di un prodotto. Oppure, cambiando campo, suggerire la scelta di un buon cappotto con contenuti all’interno di un e-shop, come fa Lanieri.

Chi fa inbound solitamente fa anche outbound, in modo che si possa innescare un interesse e far partire il processo di ricerca sul marchio oppure per rinforzare la decisione d’acquisto che la persona sta prendendo perché vede che il marchio è presente, ad esempio, su riviste e fiere di settore ed è quindi affidabile.

Al di la delle definizioni.

Outbound, inbound, marketing tradizionale, marketing digitale e molto altro.

Tra gli addetti ai lavori si cerca giustamente di definire gli ambiti delle azioni di marketing per riuscire meglio a contestualizzare piani e azioni, soprattutto se si coinvolgono elementi esterni come agenzie creative, web, freelance ecc.

La mia personale idea è quella che nessuno dei due sostituisce l’altro e debbono essere adeguatamente pianificati nel nostro piano di marketing.

Rispetto al passato, quello che cambia è che bisogna garantire al marchio una presenza sui vari canali, soprattutto web, con informazioni utili per chi ci legge e che escano fuori dal rumore generato dalle tantissime informazioni su ogni argomento presenti oggi su internet (informazioni di valore per il lettore e non finalizzate solamente alla vendita).

Molti dei processi decisionali spesso vengono fatti in modo autonomo sulla rete e la credibilità di un marchio rispetto all’altro si misura anche da come esso è capace di informare e guidare nelle scelte.

Per chiudere

Un tempo si diceva che internet fosse più economica del mondo tradizionale di advertising.

Questo non è vero.

Una presenza outbound richiede si un investimento immediatamente quantificabile (costo di una pagina, di una campagna FB o di una fiera) mentre quello inbound, che si basa principalmente  sui contenuti, diventa difficilmente quantificabili perché spesso lo si fa internamente e con persone che non hanno come competenza principale la creazione di contenuti.

In realtà proporre un inbound povero, superficiale o mal distribuito sul web, oltre a non produrre nessun risultato, è spesso deleterio per il marchio (come una brutta pubblicità).

Ambedue hanno bisogno di presenza, budget e qualità nella realizzazione. Ma i risultati verranno fuori. Garantito.

Vittorio Neri

Dati e Personas. Conoscere i nostri utenti in 8 punti

I dati e le personas. Un percorso che vale la pena intraprendere

Una delle azioni suggerite alle aziende più ricorrenti in questi ultimi anni è la gestione dei dati.
Ma quali dati?
Direi tutti quelli che abbiamo in azienda. Nel nostro CRM, nel software gestionale, negli appunti dei venditori o dalle chiamate del servizio tecnico.

Accumulare dati è abbastanza semplice. Arrivare a un punto in cui non sapere che farci è altrettanto semplice.

Una delle cause del disorientamento di fronte alla mole dei dati è che, oltre a essere troppi, spesso non ci dicono, non sono adeguati o non ci ispirano le azioni più opportune per il nostro business.

Così abbiamo bisogno, oltre che di big data, anche di good data, dati cioè che possano parlare in un modo comprensibile alla nostra strategia di marketing.

Small Data

Il libro Small Data, di Martin Lindstrom, introduce un altro concetto interessante: quello dello small data.

Cosa sono gli small data?
Sono quei dati che accompagnano i good data per colmare la distanza che c’è tra il numero che i normali dati ci forniscono e la ragione dell’effettivo comportamento delle persone (quello che ogni azienda vorrebbe conoscere).

Gli small data sono gli indizi che svelano i comportamenti, le abitudini e i perché di certe scelte, le paure o i bisogni che ci guidano, spesso inconsciamente, in una direzione piuttosto che in un’altra.

I dati infatti non considerano le emozioni, o meglio, non ci dicono sempre il perché di alcune scelte o comportamenti delle persone ma solo l’effettivo risultato.

Inoltre, l’uso dei big data può procurare un’aura di rispetto, perché aiuta a creare prodotti o servizi migliori (o almeno a dare questa impressione), ma difficilmente da soli i dati potranno rendere il marchio un Lovemark, un marchio da amare e colmare la distanza tra utente e azienda.

Ecco che il concetto di small data diventa molto importante per il nostro business e la nostra strategia di marketing.

Creare gli small data. L’uso delle Personas

Non sempre (anzi quasi mai), le nostre aziende possono permettersi un Martin Lindstrom che visiti i nostri clienti e viva con loro per centinaia di giorni l’anno, scoprendone abitudini e indizi nascosti che generano comportamenti particolari.

Vi sono anche professionisti che, senza arrivare agli impegni economici di questo tipo di approccio, fanno studi sul comportamento delle persone verso il nostro marchio, identificando panel di possibili utenti e/o visitando i punti vendita, ad esempio.

Questo approccio è già più praticabile anche se per una piccola o media azienda rappresenta comunque un investimento importante.

La conoscenza di chi interagisce con noi e con il nostro marchio è, però, fondamentale. Quindi investimenti di questo tipo hanno il loro perché.

C’è però un modo per cominciare a lavorare interamente su questo concetto per capire se sia qualcosa che possiamo gestire internamente o con dei consulenti oppure delegare completamente all’esterno.

È lo studio delle cosiddette Personas, cioè della descrizione più puntuale dei nostri utenti e potenziali utenti.

Audience e Personas

A differenza della classica audience, che descrive genericamente un mercato di riferimento, lo studio delle Personas va più in profondità dentro i bisogni e i sogni di potenziali utenti, nella loro condizione sociale e professionale, creando proprio la descrizione di una persona vera e propria, seppur ovviamente  rappresentativa di un determinato gruppo.

Ad esempio l’audience dei potenziali clienti dei nostri prodotti può essere quella dei carrozzieri.

La Personas sarà invece Mario, carrozziere di 50 anni, che ha una sua attività in proprio e che investe regolarmente sui macchinari, che ha poco tempo per aggiornarsi ma vuole comunque cogliere le opportunità che una novità può introdurre nel suo business, con un impegno finanziario che può essere anche fonte di una certa preoccupazione per lui e la sua famiglia.

Questo è molto più di un’audience.

Perché creare le Personas

Perché dovremmo interessarci e strutturare informazioni che i nostri venditori hanno già o probabilmente sono comuni nella nostra azienda? Semplicemente perché oggi la maggior parte delle ricerche per l’acquisto è fatta su internet.

Prima di incontrare qualcuno della nostra azienda, un professionista oculato avrà già girato la rete, raccolto informazioni, prezzi, pareri, pro e contro del nostro prodotto e di quelli della concorrenza, e avrà già una certa idea di come procedere.

Tutto questo, filtrato con quelle che sono le sue ambizioni, paure e bisogni. Quindi il nostro messaggio e quello dei competitor arrivano “drogati” da ciò che in quel momento la persona sta vivendo, sognando o soffrendo.

Far tesoro di queste informazioni frammentate tra persone e database e capitalizzarle in qualcosa di più utile è un passaggio fondamentale.

In uno dei miei post citavo l’importanza di essere on-line come azienda per questo motivo. È interessante anche capire come dovremmo esserci e cosa comunicare.  Qui la descrizione della Personas ci viene in aiuto.

Creare la personas

Come creare una Personas? Un metodo pratico per descrivere la persona è di utilizzare uno degli schemi che l’inbound marketing propone.

L’inbound marketing si basa sulla creazione di contenuti che possano intercettare il bisogno di un potenziale utente interessato ai nostri prodotti, durante tutto l’arco del suo processo decisionale per l’acquisto. Per creare tali contenuti, bisogna conoscere bene chi c’è dall’altra parte. Per questo la costruzione della Personas è importante.

Possiamo utilizzare il metodo di costruzione della Personas per crearci diversi small data, dividendolo in otto punti.

1 – Chi è, cosa fa e qual è il suo ruolo

Qui descriviamo nel dettaglio il nostro utente e qual è la sua posizione all’interno dell’azienda e altri dettagli anagrafici, professionali e familiari.

2 – Azienda

Com’è la sua azienda, come è strutturata, a chi si appoggia per fare il suo lavoro.

3 – Informazioni

Come s’informa? Legge, vista siti web, frequenta fiere, parla con i rappresentati?

4 – Come informa i suoi clienti

Possiede siti web, pagine Facebook, organizza open house oppure conta solo sul passa parola?

5 – Valori e obiettivi

Qui trascriviamo quali sono i suoi obiettivi personali e aziendali, quali sono i suoi valori e la sua direzione di crescita professionale.

6 – Bisogni e problematiche

Qui descriviamo quali sono i suoi problemi, espliciti o latenti, i suoi bisogni che non riesce a colmare oppure dove fa fatica a raggiungere un determinato status.

7 – Obiezioni al prodotto

Che tipo di obiezione, critica o commento potrebbe fare al nostro prodotto, considerando che vi sono altri marchi concorrenti che offrono probabilmente sugli stessi prodotti o servizi.

8 – Cosa il nostro prodotto risolve

In base a quanto sopra, qui bisogna descrivere cosa il nostro prodotto può risolvere effettivamente e rendere migliore la sua vita, professionale e personale.

Ecco il profilo

Stabiliti questi punti, ci accorgeremo che non avremo più una determinata audience ma un vero e proprio profilo di una persona che può essere interessata al nostro prodotto.

Questo ci permette di costruire un piano di comunicazione adeguato alle persone che vogliamo raggiungere e proporre il nostro prodotto in un modo che sia interessante per il nostro potenziale utente.

Come trovare le informazioni per descrivere la persona.

L’impeto naturale, quando si costruisce una Personas, è quello di scrivere di getto secondo le proprie esperienze. Questo è importante, ma non è tutto.

Vi suggerisco di dare un’occhiata a un campione di utenti già presenti nel vostro database (o CRM) per capire come ci hanno conosciuto, cosa comprano, che problemi lamentano. Poi passate al vostro personale o ai colleghi e chiedete le stesse informazioni anche a loro.

Interrogate Google. Usate Google Trends, ADWords e Barometer per capire come gira il mondo intorno al vostro potenziale utente. Se possibile, cercate anche informazioni laterali come andamenti economici di settore, trend del mercato e interviste a opinion leader.

Ultimo, ma non in ordine d’importanza, visitate i siti dei potenziali utenti o utenti già acquisiti e vedete come si promuovono, cosa scrivono (la pagina Contatti e  quella Chi Siamo spesso è molto rivelatrice).

Il lavoro è lungo, ma vi garantisco che ne vale la pena. E conviene farlo per ogni nuovo prodotto o evento che avete in mente di lanciare (o rilanciare)

Personas. E poi?

L’esercizio di cui sopra, quello di avvicinarsi un po’ di più alla nostra clientela, ha sì lo scopo di promuovere meglio il nostro prodotto.

Secondo me però, ha uno scopo molto più importante che è quello di interessarsi alla vita reale delle persone, al di là del fatto di riuscire a vendere qualcosa, almeno nell’immediato.

Venderemo se il nostro prodotto o servizio è effettivamente utile per lui. Riprendendo il concetto iniziale di Martin Lindstrom, andremo a vedere il perché delle cose e dei comportamenti. Un esercizio utile, che ci fa crescere come imprenditori e come uomini.

Infatti questo è anche una sorta di lavoro sociale. Offrire opportunità, documentarle, riportare casi analoghi, far riflettere i nostri potenziali utenti. Anche tirarsi indietro, quando è il caso, se ci accorgiamo che l’esigenza dell’utente e la nostra proposta sono lontani e l’acquisto sarebbe più un danno che un vantaggio.

Qui sta la sostanziale differenza tra un marchio rispettato e un marchio amato. La creazione delle Personas e lo studio degli small data ci aiuta in questo.  A costruire un rapporto dove il marchio si trasforma in un partner, che deve vendere, ma sa anche consigliare, indirizzare e ogni tanto tacere per ascoltare la persona che c’è dall’altra parte.

Serve il marketing digitale nella vostra azienda?

Serve il marketing digitale nella vostra azienda?

Tra marketing digitale, piattaforme e tecniche spesso si dimentica che gli scopi sono due. Essere dove sono i nostri potenziali clienti e costruire relazioni vere che aiutino le persone.

Marketing digitale?

Cos’è il marketing digitale?

Niente. Il marketing è il marketing. Il digitale è un modo o un mezzo con cui fare marketing.

Capita poi che le definizioni aiutino a contestualizzare meglio, per cui si cerca di definire a cosa ci si riferisce, miscelando la cosa da fare (il marketing appunto) con il mezzo o la tecnologia o addirittura lo spazio in cui essa si svolge.

Abbiamo così ad esempio, a puro titolo informativo e in modo assolutamente parziale, il digital marketing (marketing fatto attraverso piattaforme o risorse digitali, dal social alle App per esempio), l’email marketing (la gestione dell’invio di mail di massa per le nostre strategie di marketing) oppure, parlando di spazi, il marketing on-line (di nuovo tutto quello che è digitale in uno spazio non fisico) o quello off-line (tutto quello che è fisico come fiere o pubblicità su riviste).

Vediamo se è il caso di considerare il marketing digitale per la nostra azienda.

Digitale e B2B

Se dico digitale in ambito B2B mi riferisco a quello che i nostri utenti, potenziali clienti o in generale le persone usano per raccogliere informazioni su un prodotto o un servizio che può essere per loro interessante.

Cosa fate quando volete trovare un consiglio se l’acquisto che state per fare è giusto per voi e le vostre esigenze?

Esatto. La rete. Cercate sulla rete.

Più l’oggetto da acquistare impatta a livello di costo e serve alla vostra azienda per generare business (un macchinario o una consulenza), più raccogliete informazioni e vi riservate il giusto tempo per valutarle.

Questa è pratica comune. Fonti sparse nel web dicono che circa il 70% del cosiddetto viaggio d’acquisto per le aziende B2B (o purchasing journey) è fatto in rete. Cioè si usa la rete per farsi un’idea e capire come orientarsi. Non solo, anche gestire una conversazione con un venditore all’atto dell’acquisto.

A naso, credo che questa percentuale vari, in più o in meno, secondo il tipo di mercato, ma è un’indicazione sufficiente per capire che il digitale serve, non solo perché la nostra azienda deve diventare in qualche modo digitale, ma semplicemente perché i vostri potenziali clienti o utenti sono già lì e cercano informazioni. E se voi non ci siete, ci sarà qualcun altro, magari il vostro competitor.

Due cose da poter fare

Mi rendo conto che quello che ho scritto sopra può risultare generico. Per mettere ciccia alla cosa, vi suggerisco di fare due cose:

1 – Stimare cosa fanno i concorrenti nel vostro settore.
2 – Fare una micro analisi ai vostri clienti o chiedendo a colleghi, per capire se essi utilizzano le piattaforme o le risorse digitali e quali.

I concorrenti

Facile. Prendete i tre principali concorrenti del vostro settore ( i primi tre che vi vengono in mente. E’ una tecnica, fidatevi) e vedete come si comportano sul web. Traetene le dovute conclusioni scrivendo cosa comunicano e come lo fanno (qui dovremo parlare di differenziazione ma lo faremo più avanti. Vi lasci un link per “tastare” l’argomento del bravissimo Marco De Veglia. Vediamo se questa sua breve intervista solletica la vostra curiosità).

Micro analisi

A dispetto del nome altisonante, basta (almeno all’inizio) fare un giro di telefonate e chiedere ai vostri clienti attuali.

·      Usi i social?

·      Vai su Google per cercare informazioni?

·      Se ti serve qualcosa per la tua azienda, dove lo cerchi?

Vi garantisco che ne usciranno delle belle su cui riflettere. Avrete in fatti in mano quello che scrivono i vostri concorrenti e quello che cercano i potenziali utenti.

E vi anticipo anche che molti vi diranno che si appoggiano ai consigli di un amico o all’esperienza di altri. Vi posso garantire che molti di quei giudizi si formano su internet e poi diventano opinioni che si usano tra amici per avallare questo o quel brand o prodotto.

Concludendo

Concludendo il digitale serve perché è ormai parte della vita quotidiana delle persone. E’ un mezzo che ha cambiato il modo di essere delle persone (non credete assolutamente a chi vi dice che il mezzo è neutro e sono le persone che lo usano male. Non è così.)

Quello che il digitale fa è aiutarvi a costruire più facilmente delle relazioni. Questo è un passaggio importante. Non confondete il mezzo con lo scopo. Lo scopo è costruire la relazione. Il mezzo può esser la piattaforma digitale, il modo è utilizzarle al meglio.

La relazione, in ambito business, è quello che accade quando la necessità di una persona incontra la disponibilità di un’azienda a risolvere il suo problema o a fornirgli un’opportunità.

Inoltre, il mondo digitale (lo so, lo so che digitale significa tutto e niente ma non sottilizziamo ora!) è uno degli strumenti più pratici per acquisire informazioni. E se esse si riferiscono ai prodotti o ai servizi che vendiamo, dobbiamo essere nel mondo digitale.

Come? L’analisi tra i vostri clienti vi dirà come procedere. Se essi usano Facebook, una bella pagina curata e aggiornata è da considerare. Se cercano su Google, allora un bel sito, fatto bene e un po’ di ADWords sono suggeriti caldamente.

Poche cose, ma fatte con criterio, portano la parte digitale, il marketing digitale appunto, in azienda in maniera fruttuosa sia per voi che per i vostri potenziali clienti.

Vittorio Neri