Cos’è l’Intelligenza Artificiale e perché riguarda anche chi lavora nella stampa digitale

Questo articolo fa parte di “Back to Basic”, una serie pensata per chi lavora nella stampa digitale, nella comunicazione visiva, e nella personalizzazione grafica di oggetti. Se vuoi capire come funziona davvero l’Intelligenza Artificiale, partendo dalle basi e senza fronzoli, qui sei nel posto giusto: linguaggio diretto, esempi concreti, zero fuffa.

Sì, lo so. Mi rendo conto che probabilmente hai già sentito parlare di Intelligenza Artificiale un po’ dappertutto. Forse anche da me, tempo fa. E magari ti sei detto: “Interessante, ma non fa per me.” Troppa roba complicata, troppo lontana da me, chissà quali risorse ci vogliono, chissà quanto è complessa o costosa.

Osservazioni giuste, che ogni buon imprenditore fa in maniera reattiva. Però ti dico una cosa: l’AI ti è più vicina a te di quanto pensi. Non serve essere programmatori, né esperti di Silicon Valley. L’IA è già diventata una commodity e oggi basta un browser e un pizzico di curiosità.

Ho deciso quindi di scrivere questa serie per tornare alle basi. Per fare ordine, per tagliare il rumore. E per aiutarti – davvero – a capire come questi strumenti possono diventare un supporto concreto nel tuo lavoro di ogni giorno. Niente hype, niente fuffa. Solo roba utile, da usare subito.

Cos’è (davvero) l’AI

L’AI è un insieme di tecnologie che permettono alle macchine di fare cose che, fino a ieri, solo le persone potevano fare: scrivere, riassumere, creare, decidere. Mi piace anche molto la definizione di Demis Hassabis, Co-Founder e CEO di Google Deep Mind che dice “L’IA è la scienza che crea macchine intelligenti”. Ed è uno che di innovazione se ne intende.

L’AI generativa, come ChatGPT, è come un collega virtuale che ha letto miliardi di testi e sa restituirti risposte, idee e contenuti in pochi secondi. Generativa appunto, perché genera nuove cose.

Non è perfetta. Non capisce il mondo come lo capiamo noi. Ma può essere un assistente formidabile se sai come usarla.

Perché se ne parla ovunque

Perché oggi l’AI è diventata accessibile. Seriamente. Non serve installare nulla. Non serve saper programmare. Basta chiedere.

Perché è un cambio di paradigma, come Internet negli anni 2000, ma molto di più. Cambia il modo in cui lavoriamo, pensiamo, comunichiamo.

Perché non riguarda solo la finanza o la medicina. Riguarda anche te, che ogni giorno inventi, comunichi, proponi, crei.

Cosa c’entra con la stampa

La stampa oggi non è più solo tecnica. Oltre quella, c’è anche il servizio, il contenuto, l’esperienza, la presenza, la nostra storia.

E allora ecco dove l’AI può aiutarti:

  • scrivere un’e-mail commerciale in modo più efficace.
  • generare idee per nuovi prodotti o applicazioni creative.
  • spiegare un servizio a un cliente in modo più chiaro.
  • creare testi per brochure, siti, post social.
  • valorizzare la tua storia e i tuoi successi.
  • aggiungere valore al tuo team.

L’AI non ti sostituisce. Ti alleggerisce. E ti potenzia.

Mini-esperimento: provalo ora

Apri ChatGPT (collegati qui chat.openai.com, se non hai un account crealo. È gratis e veloce) e incolla questo prompt:

“Scrivi una breve e-mail per proporre il nostro servizio di stampa di grande formato a un cliente del settore retail. Il tono deve essere professionale ma cordiale.”

Poi chiedigli: “Fammi anche la versione per un cliente del settore food.” O magari: “Scrivimi anche un post per Facebook con lo stesso messaggio.”

Gioca. Sperimenta. È così che si inizia.

That’s all folks (per questa puntata)

Non devi diventare un esperto di AI. Devi solo iniziare a giocarci.

Nel prossimo articolo vediamo insieme come usarla per scrivere testi migliori (più veloci, più efficaci) per il tuo lavoro quotidiano. Intanto, se hai provato il prompt, scrivimi: sono curioso di sapere com’è andata.\

Back to Basic è una serie pensata per stampatori che non hanno ancora considerato l’IA come alleato: esempi pratici, linguaggio diretto, semplice ma non banale.

AGI, IA, assistenti vocali, agency, nuove competenze

Ci sono diverse notizie interessanti che sembrano far intravedere l’arrivo dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI) in tempi e modi più veloci di quello che ci si aspettava, con un cambio tecnologico repentino.

Ezra Klein, nel suo podcast Ezra Klein Show ospitato sul New York Times, ha intervistato il consigliere Ben Buchanan, ex consigliere speciale per l’AI alla Casa Bianca durante la presidenza Biden. Durante il colloquio, Buchanan ha dichiarato che il governo americano pensa che l’AGI potrebbe essere imminente. È una notizia importante, considerando che molti esperti prevedevano inizialmente una forchetta variabile tra i 5 e i 15 anni, mentre ora si parla di soli 2-3 anni. Se questa previsione si rivelasse corretta, l’impatto sarebbe enorme: economico, sociale e persino geopolitico. Klein ha sottolineato durante l’intervista che non siamo assolutamente preparati, come società, per quest’impatto e che al momento sembra che, sempre dalle domande fatte a Buchanan, non ci sia nessun piano per gestire il cambio di paradigma che esso porterà.

Klein ha infatti citato come esempio Deep Research, che riesce ad eseguire analisi in pochi minuti, analisi che avrebbero richiesto giorni ad una persona.

Proprio alla domanda di Klein se il governo Biden avesse simulato o analizzato gli impatti potenziali dell’AGI, Buchanan ha ammesso che ciò non è stato fatto, in parte a causa di restrizioni governative sull’uso della tecnologia (sic).

Buchanan ha anche evidenziato che, a differenza di molte tecnologie del passato, guidate o influenzate dai governi come la corsa allo spazio, il nucleare o internet, l’AI è stata sviluppata prevalentemente dal settore privato, lasciando il governo ad inseguire l’evoluzione tecnologica. Questo significa che oggi gli Stati Uniti stanno cercando di recuperare terreno (da qui si capiscono anche certe mosse dell’amministrazione Trump), per capire come regolamentare, sfruttare e proteggersi dall’AGI di altri paesi. Il controllo di questa tecnologia potrebbe ridefinire la leadership globale, così come accadde con l’energia nucleare e lo spazio, creando una sorta di deterrenza basata sull’IA.

L’era degli assistenti vocali: il passo successivo verso l’automazione

Parallelamente alle notizie sull’AGI, assistiamo a una repentina evoluzione degli assistenti vocali. Sesame, ad esempio, ha dimostrato un realismo e un pensiero critico senza precedenti nelle conversazioni AI (provare per credere), grazie a inflessioni, pause incredibilmente naturali e reazioni spontanee in tempo reale che lo rendono indistinguibile da una voce umana. Questo potrebbe essere il primo vero “momento AGI” per la voce, aprendo la strada ad assistenti digitali sempre più sofisticati e che hanno possibilità di scalare all’interno di team.

Nel frattempo, piattaforme come Lindy AI stanno già automatizzando le conversazioni telefoniche in ambito commerciale. Secondo il podcast Marketing Against The Grain, che ha intervistato Flo Crivello, Founder e Ceo di Lindy, gli agenti vocali AI permettono già di:

  • Automazione delle chiamate, eliminando menu rigidi e offrendo interazioni più naturali.
  • ROI immediato, liberando tempo per il personale umano addetto alle conversazioni.
  • Scalabilità illimitata, gestendo volumi elevati di chiamate simultanee.
  • Miglioramento dell’esperienza utente, riducendo i tempi di attesa e fornendo risposte rapide.

Questi progressi, sebbene impressionanti, sollevano ovviamente dubbi e domande importanti: quando verranno superati gli ultimi ostacoli tecnologici, quali saranno le implicazioni per i posti di lavoro umani?

Alexa Plus: l’assistente vocale di nuova generazione

In tema con quanto sopra, Amazon ha recentemente annunciato Alexa Plus, una versione completamente rinnovata del suo assistente vocale, basata su AI generativa e sviluppata in collaborazione con Anthropic. Tra le sue capacità più avanzate vengono citate:

  • Conversazioni più fluide e contestuali, senza la necessità di ripetere ogni comando (chiunque abbia già Alexa sa quanto può essere frustrante l’interazione).
  • Personalizzazione avanzata, con memoria delle preferenze dell’utente.
  • Comprensione visiva, grazie all’integrazione con fotocamere per analizzare ambienti e contenuti.
  • Funzionalità di “agente”, che permette ad Alexa di navigare autonomamente su internet, prenotare servizi e gestire attività senza supervisione umana.

Questi progressi mostrano chiaramente che non siamo più di fronte a semplici assistenti vocali, ma a veri e propri agenti AI in grado di interagire e operare in autonomia con il mondo esterno. Anche in questo caso, queste innovazioni portano con sé nuove sfide, in particolare in questo caso, riguardo alla privacy e alla gestione dei dati personali.

Il valore dell’essere umano nell’era dell’AI

Con l’intelligenza artificiale che diventa sempre più accessibile, la vera differenza tra le persone non sarà più l’intelligenza in sé ovviamente, ma la capacità di agire, prendere iniziativa e guidare il proprio percorso. Questo è il concetto di agency, evidenziato da Andrej Karpathy, ex direttore AI di Tesla e OpenAI, su X. Un concetto interessante, che forse fatica a prendere una forma digeribile ma che in sostanza si esplica come la capacità di un individuo di prendere iniziativa, prendere decisioni ed esercitare controllo sulle proprie azioni e sul proprio ambiente. Più proattività e meno reattività. Perchè questo?

L’idea di Karpathy è che, con l’avanzare dell’intelligenza artificiale che gestisce compiti cognitivi sempre più complessi, l’intelligenza diventerà appunto una commodity, mentre l’agency diventerà l’unico vero elemento di differenziazione . Di conseguenza, egli suggerisce di dare priorità all’agency in ogni cosa che facciamo, come nelle assunzioni e nell’istruzione, e incoraggia le persone ad agire come se avessero 10 volte la loro attuale agency. Punto di vista molto interessante.

In questo contesto, la creatività e il giudizio umano diventano essenziali. Antonio Bellu, nella sua newsletter Let Me Tell It, suggerisce anche diversi approcci di buon senso per integrare l’IA nel processo creativo (leggete la newsletter che è molto più ricca di questo stropicciato riassunto):

  • Usare l’IA come strumento di generazione, senza sostituire la creatività umana.
  • Affinare la capacità di valutazione e selezione, per distinguere i contenuti di valore.
  • Integrare la sensibilità umana nella rielaborazione, per dare un’impronta unica ai risultati.
  • Sviluppare un occhio critico per la bellezza e l’innovazione, evitando l’omologazione.
  • Premiare l’azzardo e l’originalità, anziché seguire schemi predefiniti.
  • Spingere oltre i limiti dell’IA, utilizzandola per esplorare nuove idee, ma senza delegare tutto alla macchina.

Questi principi ricordano che, mentre l’AI potenzia le nostre capacità e può diventare una commodity, visti i progressi, il vero valore risiede ancora nel nostro gusto, intuito e capacità di dare significato alle cose. Vedremo anche qui che forma questi concetti prenderanno.

Il futuro del lavoro nell’era dell’IA

Chiudo quest’articolo citando Il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum,  che evidenzia come l’IA, in particolare l’IA generativa, stia trasformando profondamente il mercato del lavoro. Non è una novità per chi segue l’evoluzione dell’IA e i suoi impatti ma questo, potete scommetterci, sarà l’argomento top nei prossimi mesi. La tecnologia è ovviamente considerata il principale motore di cambiamento, con previsioni di 30 milioni di nuovi posti di lavoro creati, ma anche 25 milioni di ruoli eliminati.

Per esperienza, prendo sempre questi risultati con le molle perchè gli intervistati spesso non hanno piena nozione di cosa sia l’IA e di come entra nel processo lavorativo. Un altro aspetto interessante è che l’IA generativa potrebbe potenziare i lavoratori meno specializzati, consentendo loro di svolgere compiti più avanzati e supportando i professionisti esperti con strumenti di automazione e analisi più sofisticati. Ovviamente, questo è tutto da vedere, visto che nessuno al momento ha un piano per capire come farlo (sarei felice di essere smentito). Infatti, il report avverte che senza adeguate regolamentazioni e strategie aziendali mirate, il rischio di sostituzione del lavoro umano potrebbe aumentare la disuguaglianza e la disoccupazione.

Di fronte a questa trasformazione molte aziende prevedono di integrare l’IA nei propri processi entro il 2030, con un focus su reskilling e upskilling dei lavoratori esistenti e di assumere talenti specializzati nello sviluppo e nella gestione dell’IA (77%). Tuttavia, il 41% dei datori di lavoro prevede di ridurre la forza lavoro la dove i processi saranno automatizzati.

Questo scenario evidenzia la crescente necessità di competenze digitali da acquisire al più presto, da soli o con percorsi aziendali. In più, considerando il concetto di agency, pensiero analitico, creatività e adattabilità saranno indispensabili per rimanere competitivi.

Insomma, sembra che non ci annoieremo nel prossimo futuro. Vista la velocità con cui le cose cambiano, probabilmente dovremo rivedere queste valutazioni a breve.

Nel frattempo, se volete valutare come l’IA può impattare il vostro lavoro, consiglio di utilizzare questo CustomGPT, chiamato JobsGPT da SmarterX, che permette, inserendo il vostro titolo di lavoro la vostra JD, di capire come il lavoro può cambiare e anche chiedere come integrare step-by-step l’IA nel quotidiano con un percorso suggerito dal GPT stesso.

Dalla lampadina a ChatGPT. L’IA è la nuova elettricità?

Quando si parla di rivoluzione dell’intelligenza artificiale, la si paragona ad altre rivoluzioni epocali come il fuoco, l’elettricità, le macchine a vapore, il treno o internet (giusto per citarne alcune). In termini d’impatto e nella velocità di adozione e crescita, trovo però l’elettricità come l’esempio più calzante, da usare come pietra di paragone per capire dove l’IA potrà andare, considerando l’impatto olistico che ambedue le tecnologie hanno: sociale, lavorativo, organizzativo, etico e politico.

Un mondo prima dell’elettricità

Immaginate una tranquilla serata di metà Ottocento, illuminata appena dal fioco bagliore di una candela o dal chiarore di una lampada a olio. Pensate poi a lettere scritte a mano, settimane di attesa per ricevere una risposta (se non mesi quando si trattava di corrispondenze oltre mare) e carrozze cigolanti che viaggiano lentamente da una città all’altra. Bello, sicuramente romantico, forse affascinante, ma onestamente, chi tornerebbe indietro?

Quando Thomas Edison, dopo tantissimi esperimenti, accese la prima lampadina elettrica nel 1879, difficilmente avrebbe potuto immaginare che quella tenue luce avrebbe cambiato non soltanto le notti buie, ma stravolto l’intera società e il nostro modo di vivere. Gradualmente, infatti, l’elettricità penetrò nelle case, nelle fabbriche, nei trasporti e nelle nostre vite, rivoluzionando profondamente il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo e facendo diventare il presente già passato.

La rivoluzione della notte

A livello sociale, l’impatto fu eclatante. Prima dell’elettricità, la giornata terminava al tramonto. La vita era scandita dai ritmi della natura, le notti buie limitavano attività e opportunità. Le comunicazioni, come detto, erano lente e difficoltose, rendendo il mondo immenso e distante. Ma con l’arrivo della corrente elettrica, la notte divenne un’estensione del giorno: città animate, commercio continuo, socialità in espansione.

L’elettricità regalò tempo e opportunità nuove all’umanità. Liberi dalle restrizioni del buio, nacquero nuovi mestieri e nuove abitudini sociali. Arrivò il telegrafo, poi il telefono, che eliminò le distanze. Seguirono radio (con valvole, transistor, amplificatori, stereo), televisione e, infine, internet, i social, la musica liquida, lo streaming e tanto altro ancora. In pochi decenni il mondo era diventato improvvisamente piccolo e molto connesso. Un seme che crescendo, ha portato frutti che erano inimmaginabili.

L’intelligenza artificiale. la nuova grande rivoluzione

Oggi, con l’intelligenza artificiale, siamo davanti a una svolta simile. Alcuni storcono il naso, come fecero i produttori di candele davanti alla lampadina. Ignorarla, però, sarebbe come ignorare la gravità: possibile, sì, ma con pessimi risultati.

Amy Webb, futurista e analista tecnologica, di cui consiglio caldamennte la lettura del report 2025 Tech Trends Report, ci ricorda che nell’ultimo anno l’umanità ha superato vari punti di non ritorno. Non è stato un processo graduale, bensì una serie di salti improvvisi che stanno ridefinendo profondamente la nostra società. Oltre all’IA, stanno avanzando anche sensori e biotecnologie, che insieme danno vita a una “intelligenza vivente”: sistemi capaci di apprendere, adattarsi e prendere decisioni strategiche autonome.

Come accaduto con l’elettricità quindi, anche l’intelligenza artificiale sta trasformando ogni ambito della nostra vita. Sul lavoro automatizza compiti ripetitivi, aumenta la precisione nelle decisioni, personalizza contenuti e anticipa bisogni e desideri. Forse oggi tutto ciò suona fantascientifico, ma basta ricordare che anche radio, televisione e internet lo erano per i nostri bisnonni.

Secondo Webb, la vera rivoluzione arriverà dai cosiddetti “Action Models” (LAM): AI capaci non solo di comunicare ma anche di comprendere e agire nel mondo reale. Aziende lungimiranti stanno già investendo in questi sistemi per automatizzare processi complessi, prevedere manutenzioni e ottimizzare intere filiere.

Proviamo ora a immaginare un futuro possibile, prendendo a modello l’evoluzione tecnologica dell’elettricità:

  • Da assistenti virtuali semplici (come ChatGPT) a veri compagni digitali, empatici e intuitivi, capaci di supportarci quotidianamente.
  • Orchestre di agenti che lavorano su compiti che un umano rifiuterebbe o farebbe con altri ritmi.
  • Da sistemi educativi standardizzati a insegnanti virtuali che adattano in tempo reale l’educazione alle esigenze specifiche di ciascuno studente.
  • Da social network statici a reti sociali dinamiche, dove l’AI facilita connessioni autentiche tra persone con passioni affini.

Così come l’elettricità rese possibili apparecchiature mediche avanzate (raggi X, ECG), l’intelligenza artificiale permetterà diagnosi predittive, trattamenti personalizzati e chirurgia robotica sempre più avanzata.

Nel campo scientifico, come il microscopio elettronico ha aperto nuove frontiere nella ricerca, l’IA svilupperà simulazioni e modelli scientifici potenti, accelerando enormemente le scoperte mediche e biologiche.

Per quanto riguarda l’esplorazione spaziale, se l’elettricità ha reso possibili viaggi e comunicazioni nello spazio, l’intelligenza artificiale guiderà missioni autonome, gestirà colonie extraterrestri e renderà esplorazioni interplanetarie sicure e sostenibili.

Una sfida di velocità

Tutto bello, sicuramente. Ma tecnologia e automazione hanno anche risvolti meno piacevoli. Una differenza cruciale separa elettricità e IA è il tempo di adozione. L’elettricità si è diffusa nel corso di due secoli, diventando lentamente una commodity. Al contrario, nonostante sia nata negli anni ’50, l’intelligenza artificiale ha subìto un’accelerazione vertiginosa solo negli ultimi anni—specialmente dopo l’arrivo di ChatGPT nel novembre 2022, dei Large Language Model e dell’IA generativa. Questa rapidità crea inevitabilmente sfide sociali, frammentazioni e divisioni tra chi riesce a stare al passo e chi rimane indietro.

È vero che l’eliminazione di lavori ripetitivi produce una maggiore ottimizzazione delle risorse, ma è anche vero che molti lavori, così come successo con l’elettricità, non avranno più spazio. Gestione ordini, letture di report, ricerche, contabilità e ruoli simili. Come fare in modo che le persone, le aziende e il pubblico si possano riorganizzare minimizzando gli impatti sociali?

Anche nel settore militare e della robotica, l’AI generativa sta accelerando drasticamente lo sviluppo di sistemi autonomi, ponendo questioni etiche complesse e urgenti. La competizione che avvertiamo tra aree geografiche ne è un esempio che è destinata a crescere, polarizzando ancor di pi l’uso delle tecnologie.

Amy Webb avverte chiaramente che “le decisioni che prenderemo nei prossimi cinque anni determineranno il destino della civiltà umana a lungo termine”. Questo significa che dobbiamo agire ora, sviluppando competenze, educazione e politiche adeguate, evitando che la velocità diventi una barriera insormontabile per molti.

Restare umani

Se l’elettricità ci ha liberati dal buio, l’intelligenza artificiale potrebbe liberarci dai limiti stessi della conoscenza e della creatività umana. La vera sfida sarà restare umani, conservando sensibilità, spirito critico e consapevolezza delle nostre radici, in mezzo alle incredibili comodità offerte dalle macchine intelligenti. Ma anche rivedere il modello di società e intervenire dove necessario. Purtroppo, i ritmi che l’evoluzione tecnologica ha assunto non ci permettono più di scrollare semplicemente le spalle, ma quantomeno bisogna capire cosa sta succedendo e rivedere se stessi alla luce dei progressi e delle nuove possibilità.

Se Edison oggi potesse vedere cos’è nata dalla sua semplice lampadina, rimarrebbe forse senza parole. Chissà, fra cento anni qualcuno sorriderà pensando ai primi passi timidi di ChatGPT e a dove saremo arrivati.

Satya Nadella e il futuro prossimo dell’IA

C’è qualcosa di quasi cinematografico nell’ascoltare Satya Nadella parlare del futuro dell’intelligenza artificiale. Il CEO di Microsoft non è un visionario alla Elon Musk, né un filosofo come Sam Altman. È un ingegnere, un pragmatico, uno che vede il progresso come un flusso continuo di innovazioni che si sovrappongono e si intrecciano. Eppure, nel corso della sua ultima intervista per il podcaster Dwarkesh Patel (di cui è raccomandata la visione) , ha lasciato intendere qualcosa di forte: il mondo sta per cambiare di nuovo, e questa volta sarà più grande di quanto immaginiamo e il suo effetto si misurerà sulla crescita che si riuscirà ad ottenere e non sul valore della tecnologia di per se.

Secondo quanto Nadella, dice siamo davanti a una transizione che non riguarda solo l’informatica (evitare l’approccio “diamo l’IA all’IT come un nuovo progetto tecnologico da gestire”), ma l’intera struttura economica e sociale del pianeta e, di conseguenza, anche quella economica.

Ho cercato qui di raccogliere alcuni passaggi importanti a cui ho aggiunto anche alcune mie riflessioni.

Cosa sta accedendo?

Quali saranno le vere implicazioni dell’IA e della computazione quantistica? Siamo davvero sull’orlo della creazione di un nuovo “specie” di intelligenza? Naturalmente, se vi aspettate risposte semplici, rimarrete delusi. Ma se volete capire come il mondo si sta trasformando, e perché Microsoft sta investendo miliardi su questa visione, allora continuate a leggere.

Uno dei punti più interessanti che emergono dall’intervista è la visione di Nadella sul mercato dell’intelligenza artificiale. Se qualcuno pensa che il settore dell’IA sarà dominato da un solo gigante tecnologico, magari OpenAI o Google DeepMind, si sbaglia di grosso. Per Nadella, infatti l’IA non è un mercato da “Winner Takes All” (il vincitore prende tutto), ma piuttosto un ecosistema che si espande e in cui diversi attori troveranno spazio. E il motivo è semplice: le aziende e i governi non vogliono mai di dipendere da un unico fornitore di IA.

Guardando al passato dice, nel mondo del cloud, molti pensavano che Amazon Web Services (AWS) avrebbe dominato incontrastata il mercato Ma poi è arrivato Microsoft Azure, e con esso Google Cloud e altre piattaforme. Le grandi imprese, dice ancora Nadella, preferiscono più opzioni per evitare monopoli tecnologici. Lo stesso accadrà con l’IA. Secondo Nadella infatti ci sarà una coesistenza tra modelli di IA proprietari (come GPT-4, Claude o Gemini) e alternative open-source. Poi, i governi e le aziende si appoggeranno a più fornitori per evitare di essere ostaggio di un’unica piattaforma (e diminuire gli switch cost aggiungo io). In più, la concorrenza favorirà innovazioni più rapide e prezzi più bassi, rendendo l’IA sempre più accessibile (e quanto accaduto con DeepSeek né è un esempio plastico).

L’importanza della scalabilità

Un altro punto che Nadella sottolinea è che la vera competizione non sarà tanto sulla costruzione dei modelli, ma sulla loro scalabilità. I modelli di IA non possono esistere senza un’infrastruttura adeguata, e questa è la chiave del futuro.

E qui entra in gioco Microsoft. Avere il miglior modello di IA è importante, ma avere la miglior infrastruttura per eseguirlo è essenziale. Azure e gli hyperscaler (le grandi piattaforme di calcolo distribuito) saranno cruciali per determinare chi dominerà davvero il settore.

Nadella poi immagina un futuro in cui non esisterà un’unica intelligenza artificiale onnipotente, ma piuttosto una rete di agenti specializzati che collaborano tra loro. Un po’ come oggi abbiamo applicazioni diverse per compiti diversi, nel futuro dell’IA avremo modelli diversi per compiti diversi, ognuno ottimizzato per una funzione specifica. Insomma, il futuro non sarà dominato da un’unica IA che governa tutto, ma da un ecosistema di modelli interconnessi, dove nessuno ha il monopolio assoluto.

L’IA come motore di una nuova crescita economica

Quando Satya Nadella parla del futuro dell’intelligenza artificiale, non lo fa soltanto in termini di tecnologia, ma pensa soprattutto a un impatto molto più concreto e tangibile: la crescita economica globale. Anche se i paesi sviluppati arrancano con tassi di crescita economica bassissimi, spesso vicini allo zero una volta tenuta in conto l’inflazione, Nadella non è pessimista. Anzi, per lui, l’IA potrebbe essere la chiave per una nuova rivoluzione industriale, capace di portare il PIL mondiale a crescere a tassi del 5-10% annuo, un qualcosa che oggi sembra fantascienza.

Per Nadella, infatti, l’intelligenza artificiale non è solo un miglioramento tecnologico, ma un cambiamento di paradigma paragonabile all’arrivo del motore a vapore o dell’elettricità. Quando l’IA sarà diffusa ovunque, potremmo assistere a una trasformazione dell’economia come mai visto prima. Si parla infatti di automazione massiccia di attività cognitive e amministrative. Di produttività alle stelle: meno sprechi di tempo, risorse e lavoro ripetitivo. Di nuovi modelli di business, che, anche se non ancora identificati totalmente, cambieranno radicalmente l’approccio al lavoro e alla creazione di valore.

L’IA deve diventare “commodity”

Nadella cita il paradosso di Jevons per spiegare un fenomeno importante: quando una tecnologia diventa economica e abbondante, la domanda per essa non cala, ma esplode (si pensi all’auto o al cellulare). È successo con il cloud e accadrà con l’IA. Più l’IA diventa economica, più verrà adottata, e più la domanda per le sue applicazioni aumenterà. In sostanza, non è solo importante che l’IA diventi potente, ma soprattutto che diventi accessibile ed economica. L’accessibilità dell’IA sarà fondamentale per sbloccare la crescita in paesi emergenti, in ambiti come sanità, istruzione e amministrazione pubblica e le aziende di tutto il mondo, dalle multinazionali ai piccoli artigiani, potranno usufruire di strumenti che un tempo erano riservati a pochi, democratizzando il progresso tecnologico.

Nuovi lavori e occupazione

Un punto molto interessante e positivo sollevato da Nadella è il cambiamento del concetto di lavoro. Anche se l’automazione potrebbe eliminare molti lavori attuali, la storia insegna che ne creerà di nuovi, forse più qualificati e interessanti. La sfida sarà quella di accompagnare questa transizione, dando valore a nuove forme di lavoro che oggi non esistono ancora. Per lui:

  • Ci saranno nuove competenze da sviluppare, come la gestione di agenti IA.
  • La dignità e il valore del lavoro umano non scompariranno, ma si sposteranno verso attività a più alto valore aggiunto.
  • Sarà essenziale, però, un aggiornamento della forza lavoro per evitare l’esclusione sociale di chi non riuscirà a seguire il ritmo.

In sintesi, per Nadella il grande traguardo da raggiungere non è tanto il dominio tecnologico dell’IA, ma il suo impatto economico e sociale. Non conta solo avere il miglior modello di intelligenza artificiale, ma far sì che questo modello generi crescita, benessere e opportunità per l’intera società.

Il lavoro ai tempi dell’intelligenza artificiale. Ansie e opportunità

Quando sopra detto, ci fa venir un dubbio amletico. Cosa succederà quindi alle nostre occupazioni, ai nostri stipendi, ai mutui da pagare? Una paura comprensibile, specialmente se immaginiamo un futuro popolato da robot o agenti che fanno tutto quello che oggi facciamo noi. Ma secondo Satya Nadella, non dobbiamo disperare. Anzi, egli sottolinea di nuovo il cambio di paradigma imminente in cui il lavoro umano avrà nuove forme, nuovi significati, e sì, anche nuove sfide.

Nadella non immagina un futuro dove l’IA sostituisce in toto il lavoro umano. Piuttosto, vede un’alleanza tra uomini e macchine, una sorta di collaborazione tra colleghi. Certo, saranno colleghi un po’ diversi dal solito, ma saranno preziosi aiutanti nella nostra quotidianità lavorativa. In pratica non perderemo tempo a cercare documenti, e-mail o dati importanti: avremo agenti digitali che lo faranno per noi, risparmiandoci quelle noiose attività che occupano metà della nostra giornata. Il nostro lavoro potrà essere meno “routinario” e più focalizzato sul prendere decisioni, risolvere problemi complessi o fare scelte creative.

Nuove abilità, nuovi mestieri

L’arrivo dell’IA comporterà anche la nascita di nuovi mestieri, molti dei quali oggi non riusciamo neppure a immaginare. Il paragone più facile e anche più vicino temporalmente è quello dell’arrivo del computer. Ci siamo reinventati con nuovi approcci e nuovi ruoli.

Con l’IA accadrà lo stesso anche se, aggiungo io, la capacità autonoma di entità come agenti rende in prospettiva il compito più arduo e meno controllabile. Certo, serviranno nuove competenze, come imparare a lavorare appunto con agenti digitali o gestire processi aziendali supportati da intelligenze artificiali. In sostanza, dice Nadella, diventeranno centrali competenze come la capacità di gestire l’IA, capire come indirizzarla, come integrarla nei processi lavorativi. In più emergeranno lavori come l’“allenatore di IA”, colui che istruisce, aggiorna e migliora costantemente gli agenti intelligenti, o il “manager di team misti uomo-macchina”, un po’ come un caporeparto che gestisce insieme esseri umani e agenti digitali.

Attenzione, però, a chi resta indietro

Non tutto sarà rose e fiori, e questo si comincia a capire a mano a mano che l’idea di agenti prende corpo. Nadella ammette che c’è il rischio che chi non riesce a adattarsi ai nuovi cambiamenti tecnologici rimanga indietro, fuori dal mercato. È una preoccupazione legittima e seria (e per me è molto di più che una preoccupazione ma uno degli aspetti capitali dei prossimi anni).

Il futuro non sembra essere proprio quell’amico che ti aspetti e infatti non aspetterà nessuno (scusate il gioco di parole). Per questo bisognerà garantire che tutti abbiano le stesse possibilità di apprendere nuove competenze. Serve sicuramente una riqualificazione continua della forza lavoro, in modo che nessuno resti ai margini. Secondo Nadella dobbiamo essere capaci di creare una società inclusiva, in cui l’IA sia un’opportunità e non una condanna. Personalmente però credo che bisognerà pensare ad altre due cose fondamentali: mappare l’impatto per fare un piano di riqualifica dei lavoratori colpiti e assicurare comunque un reddito per chi non può essere riqualificato. Aggiungo anche che bisognerà mappare quali nuovi lavori potranno generarsi e costruire un percorso adeguato di formazione. Una sfida grossa, molto grossa.

Come cambia il volto delle aziende nell’era dell’IA

Interessante quello che Satya Nadella dice circa il cambiamento. In primis, oggi le aziende utilizzano decine, se non centinaia, di applicazioni diverse: CRM, ERP, software di gestione progetti, e via dicendo. Tutte queste piattaforme sono lì, ferme, in attesa di input da parte nostra, che trascorriamo giornate intere a inserire dati, scaricare report e rispondere a notifiche.

Nadella invita a immaginare di poter avere degli agenti intelligenti che fanno tutto questo al nostro posto. Non più di semplici software “passivi”, ma di veri e propri assistenti digitali, capaci di recuperare autonomamente informazioni da vari sistemi, analizzarle, e fornirci report o proposte già pronte. Possono prendere decisioni operative, come gestire l’inventario, rispondere a richieste di clienti o persino negoziare prezzi, in base a istruzioni generali che noi daremo loro (qui potete capire quali opportunità ma anche problemi si possono paventare).

In sostanza, dice Nadella, le applicazioni tradizionali si trasformeranno in “agenti”, capaci di dialogare tra loro e con noi, alleggerendo il nostro lavoro quotidiano. Un po’ come passare da un’automobile con cambio manuale a una a guida autonoma: il salto è enorme, e cambierà tutto il mercato del software.

Ma c’è di più. L’intelligenza artificiale, rendendo più efficienti le operazioni aziendali, apre scenari che potrebbero generare una crescita economica esponenziale. Secondo Nadella, se oggi molte aziende crescono poco e lentamente, con l’arrivo di queste tecnologie, il PIL mondiale potrebbe iniziare a crescere a ritmi molto più sostenuti.

Questo, ovviamente, significa che le aspettative dei clienti aumenteranno, così come la competizione. Insomma, con l’IA non si potrà più dormire sugli allori e le aziende dovranno continuamente aggiornarsi, innovare, e investire per rimanere rilevanti. Nadella, con realismo e anche un po’ di entusiasmo, ammette che questo scenario creerà nuove opportunità enormi di business, ma anche enormi responsabilità.

Per lui però, chi non sarà in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale rischia di perdere rapidamente terreno. La tecnologia non è mai stata così veloce e chi non riuscirà a integrarla nei propri processi rischia di finire fuori mercato in tempi molto brevi. Questo secondo Nadella anche se, personalmente, credo che i tempi delle tecnologie e i tempi di assorbimento da parte della società viaggiano su binari differenti e non è detto che tutto possa avvenire in maniera così repentina.

Per Nadella comunque è fondamentale non sottovalutare il fattore culturale. Le aziende dovranno investire non solo in tecnologia, ma anche e soprattutto in formazione e gestione del cambiamento (un refrain che sentiamo spesso). Bisognerà preparare non solo i sistemi informatici, ma anche le persone che li utilizzeranno, creando una cultura aziendale aperta all’innovazione.

Intelligenza artificiale. Grande potere, grande responsabilità (cit. Spiderman)

Le rivoluzioni oltre alle enormi potenzialità, portano anche sconvolgimenti e nuove e delicate responsabilità. Satya Nadella, in modo molto schietto, ci ricorda che l’IA non è un giocattolo. Prima di liberare nel mondo agenti intelligenti capaci di decisioni autonome, dobbiamo affrontare seriamente questioni etiche e legali. Vediamo come.

Il primo punto chiave è la fiducia. Prima di delegare compiti sempre più complessi alle macchine, è indispensabile che ci sia un rapporto di fiducia tra umani e IA. E questa fiducia non nasce per caso, ma si costruisce con regole chiare, trasparenza e responsabilità.

Se un’intelligenza artificiale commette un errore (e succederà), chi sarà il responsabile? L’azienda che l’ha creata, il dipendente che l’ha istruita o l’IA stessa? Satya Nadella, con la concretezza di chi guida una delle aziende più influenti al mondo, sottolinea che nessuna società accetterà di avere “agenti” fuori controllo. Per questo, la questione legale sarà cruciale nei prossimi anni.

Bisognerà definire chiaramente diritti, doveri e responsabilità in un mondo sempre più ibrido tra uomo e macchina. Una cosa che oggi è ancora difficile da immaginare per noi ma che apre scenari nuovi.

Tempo fa ho riportato come i modelli di IA sono stati messi in un “campo da gioco” per collaborare insieme e si sono comportati in maniera diversa a seconda dei modelli, generosi o avidi, proprio come noi (riflettendo il training con cui sono stati allenati probabilmente).

 Gli agenti hanno potenzialità di evolvere come le società umane e di sviluppare linguaggi “alieni”, cioè propri e ottimizzati per le loro necessità. Le reti neurali profonde hanno dimostrato capacità emergenti non preventivate. Quindi la sfida sarà quella di adeguare il controllo con la velocità con cui la tecnologia evolve. E sicuramente da qui di nuovo nasceranno nuovi mestieri e specializzazioni e alcuni dipartimenti (penso all’HR) o funzioni apicali credo si troveranno a gestire agenti e umani. Comunque, anche Nadella pensa che le aziende dovranno monitorare costantemente i comportamenti degli agenti intelligenti, prevedere scenari problematici, e dotarsi di strumenti per intervenire rapidamente.

Non c’è bisogno di essere catastrofisti, dice Nadella, ma non possiamo nemmeno fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia. Vigilanza e prudenza devono essere le parole d’ordine, insieme a un continuo aggiornamento delle norme legali che regolano il nostro rapporto con queste nuove “creature digitali”.

Avanti con giudizio

Satya Nadella chiude la sua intervista con un invito all’ottimismo, ma anche alla serietà. L’intelligenza non è solo un’opportunità economica: è un’opportunità di crescita umana, a livello sociale, professionale e personale aggiungo io.

Ma attenzione, perché non è finita qui. Il futuro che ci racconta Nadella è una storia di infrastrutture globali, grandi come cattedrali, chiamate “hyperscale”. Immaginate data center come immense fabbriche di pensiero digitale, che supportano miliardi di calcoli al secondo: sono loro il cuore pulsante dell’IA, e non solo. Proprio come una volta le grandi autostrade portarono progresso, oggi queste reti gigantesche di server portano intelligenza artificiale in ogni angolo del pianeta.

Ma c’è un’altra faccenda, altrettanto interessante: la battaglia tra modelli open source e proprietari. È un po’ come scegliere tra il ristorante stellato e la trattoria del quartiere: uno offre l’esclusività, l’altra accoglienza e varietà. Secondo Nadella, in questa sfida nessuno vincerà del tutto, perché ci sarà sempre spazio per entrambe le strade.

E qui arriva il punto cruciale: l’intelligenza artificiale diventerà così diffusa che sarà come l’aria, invisibile ma indispensabile. Microsoft, in tutto questo, non vuole fare la parte del semplice spettatore: punta a rendere l’IA un servizio comune, una sorta di utility come l’acqua o la luce. Infine, c’è quel sogno esotico chiamato quantum computing, la tecnologia che, a detta di Nadella, potrebbe comprimere 250 anni di scoperte scientifiche in appena 25 anni. Una rivoluzione che fa sembrare il futuro meno lontano, quasi a portata di mano.

Dobbiamo prepararci, studiare, regolamentare e gestire questi nuovi strumenti, con la consapevolezza che il futuro è (per il moment) nelle nostre mani. L’IA non sarà una minaccia, se sapremo governarla con intelligenza o anche spegnerla, quando necessario.

E questa, forse, è la sfida più importante di tutte insieme a quella di mantenere la capacità umana logica e di ragionamento e di non delegare tutto all’IA, con il rischio di disabituarsi a prendere decisioni e di diventare passivi di fronte a scelte fatte da aziende tecnologiche o addirittura da agenti IA.

Insomma, non ci annoieremo!