Satya Nadella e il futuro prossimo dell’IA

C’è qualcosa di quasi cinematografico nell’ascoltare Satya Nadella parlare del futuro dell’intelligenza artificiale. Il CEO di Microsoft non è un visionario alla Elon Musk, né un filosofo come Sam Altman. È un ingegnere, un pragmatico, uno che vede il progresso come un flusso continuo di innovazioni che si sovrappongono e si intrecciano. Eppure, nel corso della sua ultima intervista per il podcaster Dwarkesh Patel (di cui è raccomandata la visione) , ha lasciato intendere qualcosa di forte: il mondo sta per cambiare di nuovo, e questa volta sarà più grande di quanto immaginiamo e il suo effetto si misurerà sulla crescita che si riuscirà ad ottenere e non sul valore della tecnologia di per se.

Secondo quanto Nadella, dice siamo davanti a una transizione che non riguarda solo l’informatica (evitare l’approccio “diamo l’IA all’IT come un nuovo progetto tecnologico da gestire”), ma l’intera struttura economica e sociale del pianeta e, di conseguenza, anche quella economica.

Ho cercato qui di raccogliere alcuni passaggi importanti a cui ho aggiunto anche alcune mie riflessioni.

Cosa sta accedendo?

Quali saranno le vere implicazioni dell’IA e della computazione quantistica? Siamo davvero sull’orlo della creazione di un nuovo “specie” di intelligenza? Naturalmente, se vi aspettate risposte semplici, rimarrete delusi. Ma se volete capire come il mondo si sta trasformando, e perché Microsoft sta investendo miliardi su questa visione, allora continuate a leggere.

Uno dei punti più interessanti che emergono dall’intervista è la visione di Nadella sul mercato dell’intelligenza artificiale. Se qualcuno pensa che il settore dell’IA sarà dominato da un solo gigante tecnologico, magari OpenAI o Google DeepMind, si sbaglia di grosso. Per Nadella, infatti l’IA non è un mercato da “Winner Takes All” (il vincitore prende tutto), ma piuttosto un ecosistema che si espande e in cui diversi attori troveranno spazio. E il motivo è semplice: le aziende e i governi non vogliono mai di dipendere da un unico fornitore di IA.

Guardando al passato dice, nel mondo del cloud, molti pensavano che Amazon Web Services (AWS) avrebbe dominato incontrastata il mercato Ma poi è arrivato Microsoft Azure, e con esso Google Cloud e altre piattaforme. Le grandi imprese, dice ancora Nadella, preferiscono più opzioni per evitare monopoli tecnologici. Lo stesso accadrà con l’IA. Secondo Nadella infatti ci sarà una coesistenza tra modelli di IA proprietari (come GPT-4, Claude o Gemini) e alternative open-source. Poi, i governi e le aziende si appoggeranno a più fornitori per evitare di essere ostaggio di un’unica piattaforma (e diminuire gli switch cost aggiungo io). In più, la concorrenza favorirà innovazioni più rapide e prezzi più bassi, rendendo l’IA sempre più accessibile (e quanto accaduto con DeepSeek né è un esempio plastico).

L’importanza della scalabilità

Un altro punto che Nadella sottolinea è che la vera competizione non sarà tanto sulla costruzione dei modelli, ma sulla loro scalabilità. I modelli di IA non possono esistere senza un’infrastruttura adeguata, e questa è la chiave del futuro.

E qui entra in gioco Microsoft. Avere il miglior modello di IA è importante, ma avere la miglior infrastruttura per eseguirlo è essenziale. Azure e gli hyperscaler (le grandi piattaforme di calcolo distribuito) saranno cruciali per determinare chi dominerà davvero il settore.

Nadella poi immagina un futuro in cui non esisterà un’unica intelligenza artificiale onnipotente, ma piuttosto una rete di agenti specializzati che collaborano tra loro. Un po’ come oggi abbiamo applicazioni diverse per compiti diversi, nel futuro dell’IA avremo modelli diversi per compiti diversi, ognuno ottimizzato per una funzione specifica. Insomma, il futuro non sarà dominato da un’unica IA che governa tutto, ma da un ecosistema di modelli interconnessi, dove nessuno ha il monopolio assoluto.

L’IA come motore di una nuova crescita economica

Quando Satya Nadella parla del futuro dell’intelligenza artificiale, non lo fa soltanto in termini di tecnologia, ma pensa soprattutto a un impatto molto più concreto e tangibile: la crescita economica globale. Anche se i paesi sviluppati arrancano con tassi di crescita economica bassissimi, spesso vicini allo zero una volta tenuta in conto l’inflazione, Nadella non è pessimista. Anzi, per lui, l’IA potrebbe essere la chiave per una nuova rivoluzione industriale, capace di portare il PIL mondiale a crescere a tassi del 5-10% annuo, un qualcosa che oggi sembra fantascienza.

Per Nadella, infatti, l’intelligenza artificiale non è solo un miglioramento tecnologico, ma un cambiamento di paradigma paragonabile all’arrivo del motore a vapore o dell’elettricità. Quando l’IA sarà diffusa ovunque, potremmo assistere a una trasformazione dell’economia come mai visto prima. Si parla infatti di automazione massiccia di attività cognitive e amministrative. Di produttività alle stelle: meno sprechi di tempo, risorse e lavoro ripetitivo. Di nuovi modelli di business, che, anche se non ancora identificati totalmente, cambieranno radicalmente l’approccio al lavoro e alla creazione di valore.

L’IA deve diventare “commodity”

Nadella cita il paradosso di Jevons per spiegare un fenomeno importante: quando una tecnologia diventa economica e abbondante, la domanda per essa non cala, ma esplode (si pensi all’auto o al cellulare). È successo con il cloud e accadrà con l’IA. Più l’IA diventa economica, più verrà adottata, e più la domanda per le sue applicazioni aumenterà. In sostanza, non è solo importante che l’IA diventi potente, ma soprattutto che diventi accessibile ed economica. L’accessibilità dell’IA sarà fondamentale per sbloccare la crescita in paesi emergenti, in ambiti come sanità, istruzione e amministrazione pubblica e le aziende di tutto il mondo, dalle multinazionali ai piccoli artigiani, potranno usufruire di strumenti che un tempo erano riservati a pochi, democratizzando il progresso tecnologico.

Nuovi lavori e occupazione

Un punto molto interessante e positivo sollevato da Nadella è il cambiamento del concetto di lavoro. Anche se l’automazione potrebbe eliminare molti lavori attuali, la storia insegna che ne creerà di nuovi, forse più qualificati e interessanti. La sfida sarà quella di accompagnare questa transizione, dando valore a nuove forme di lavoro che oggi non esistono ancora. Per lui:

  • Ci saranno nuove competenze da sviluppare, come la gestione di agenti IA.
  • La dignità e il valore del lavoro umano non scompariranno, ma si sposteranno verso attività a più alto valore aggiunto.
  • Sarà essenziale, però, un aggiornamento della forza lavoro per evitare l’esclusione sociale di chi non riuscirà a seguire il ritmo.

In sintesi, per Nadella il grande traguardo da raggiungere non è tanto il dominio tecnologico dell’IA, ma il suo impatto economico e sociale. Non conta solo avere il miglior modello di intelligenza artificiale, ma far sì che questo modello generi crescita, benessere e opportunità per l’intera società.

Il lavoro ai tempi dell’intelligenza artificiale. Ansie e opportunità

Quando sopra detto, ci fa venir un dubbio amletico. Cosa succederà quindi alle nostre occupazioni, ai nostri stipendi, ai mutui da pagare? Una paura comprensibile, specialmente se immaginiamo un futuro popolato da robot o agenti che fanno tutto quello che oggi facciamo noi. Ma secondo Satya Nadella, non dobbiamo disperare. Anzi, egli sottolinea di nuovo il cambio di paradigma imminente in cui il lavoro umano avrà nuove forme, nuovi significati, e sì, anche nuove sfide.

Nadella non immagina un futuro dove l’IA sostituisce in toto il lavoro umano. Piuttosto, vede un’alleanza tra uomini e macchine, una sorta di collaborazione tra colleghi. Certo, saranno colleghi un po’ diversi dal solito, ma saranno preziosi aiutanti nella nostra quotidianità lavorativa. In pratica non perderemo tempo a cercare documenti, e-mail o dati importanti: avremo agenti digitali che lo faranno per noi, risparmiandoci quelle noiose attività che occupano metà della nostra giornata. Il nostro lavoro potrà essere meno “routinario” e più focalizzato sul prendere decisioni, risolvere problemi complessi o fare scelte creative.

Nuove abilità, nuovi mestieri

L’arrivo dell’IA comporterà anche la nascita di nuovi mestieri, molti dei quali oggi non riusciamo neppure a immaginare. Il paragone più facile e anche più vicino temporalmente è quello dell’arrivo del computer. Ci siamo reinventati con nuovi approcci e nuovi ruoli.

Con l’IA accadrà lo stesso anche se, aggiungo io, la capacità autonoma di entità come agenti rende in prospettiva il compito più arduo e meno controllabile. Certo, serviranno nuove competenze, come imparare a lavorare appunto con agenti digitali o gestire processi aziendali supportati da intelligenze artificiali. In sostanza, dice Nadella, diventeranno centrali competenze come la capacità di gestire l’IA, capire come indirizzarla, come integrarla nei processi lavorativi. In più emergeranno lavori come l’“allenatore di IA”, colui che istruisce, aggiorna e migliora costantemente gli agenti intelligenti, o il “manager di team misti uomo-macchina”, un po’ come un caporeparto che gestisce insieme esseri umani e agenti digitali.

Attenzione, però, a chi resta indietro

Non tutto sarà rose e fiori, e questo si comincia a capire a mano a mano che l’idea di agenti prende corpo. Nadella ammette che c’è il rischio che chi non riesce a adattarsi ai nuovi cambiamenti tecnologici rimanga indietro, fuori dal mercato. È una preoccupazione legittima e seria (e per me è molto di più che una preoccupazione ma uno degli aspetti capitali dei prossimi anni).

Il futuro non sembra essere proprio quell’amico che ti aspetti e infatti non aspetterà nessuno (scusate il gioco di parole). Per questo bisognerà garantire che tutti abbiano le stesse possibilità di apprendere nuove competenze. Serve sicuramente una riqualificazione continua della forza lavoro, in modo che nessuno resti ai margini. Secondo Nadella dobbiamo essere capaci di creare una società inclusiva, in cui l’IA sia un’opportunità e non una condanna. Personalmente però credo che bisognerà pensare ad altre due cose fondamentali: mappare l’impatto per fare un piano di riqualifica dei lavoratori colpiti e assicurare comunque un reddito per chi non può essere riqualificato. Aggiungo anche che bisognerà mappare quali nuovi lavori potranno generarsi e costruire un percorso adeguato di formazione. Una sfida grossa, molto grossa.

Come cambia il volto delle aziende nell’era dell’IA

Interessante quello che Satya Nadella dice circa il cambiamento. In primis, oggi le aziende utilizzano decine, se non centinaia, di applicazioni diverse: CRM, ERP, software di gestione progetti, e via dicendo. Tutte queste piattaforme sono lì, ferme, in attesa di input da parte nostra, che trascorriamo giornate intere a inserire dati, scaricare report e rispondere a notifiche.

Nadella invita a immaginare di poter avere degli agenti intelligenti che fanno tutto questo al nostro posto. Non più di semplici software “passivi”, ma di veri e propri assistenti digitali, capaci di recuperare autonomamente informazioni da vari sistemi, analizzarle, e fornirci report o proposte già pronte. Possono prendere decisioni operative, come gestire l’inventario, rispondere a richieste di clienti o persino negoziare prezzi, in base a istruzioni generali che noi daremo loro (qui potete capire quali opportunità ma anche problemi si possono paventare).

In sostanza, dice Nadella, le applicazioni tradizionali si trasformeranno in “agenti”, capaci di dialogare tra loro e con noi, alleggerendo il nostro lavoro quotidiano. Un po’ come passare da un’automobile con cambio manuale a una a guida autonoma: il salto è enorme, e cambierà tutto il mercato del software.

Ma c’è di più. L’intelligenza artificiale, rendendo più efficienti le operazioni aziendali, apre scenari che potrebbero generare una crescita economica esponenziale. Secondo Nadella, se oggi molte aziende crescono poco e lentamente, con l’arrivo di queste tecnologie, il PIL mondiale potrebbe iniziare a crescere a ritmi molto più sostenuti.

Questo, ovviamente, significa che le aspettative dei clienti aumenteranno, così come la competizione. Insomma, con l’IA non si potrà più dormire sugli allori e le aziende dovranno continuamente aggiornarsi, innovare, e investire per rimanere rilevanti. Nadella, con realismo e anche un po’ di entusiasmo, ammette che questo scenario creerà nuove opportunità enormi di business, ma anche enormi responsabilità.

Per lui però, chi non sarà in grado di sfruttare l’intelligenza artificiale rischia di perdere rapidamente terreno. La tecnologia non è mai stata così veloce e chi non riuscirà a integrarla nei propri processi rischia di finire fuori mercato in tempi molto brevi. Questo secondo Nadella anche se, personalmente, credo che i tempi delle tecnologie e i tempi di assorbimento da parte della società viaggiano su binari differenti e non è detto che tutto possa avvenire in maniera così repentina.

Per Nadella comunque è fondamentale non sottovalutare il fattore culturale. Le aziende dovranno investire non solo in tecnologia, ma anche e soprattutto in formazione e gestione del cambiamento (un refrain che sentiamo spesso). Bisognerà preparare non solo i sistemi informatici, ma anche le persone che li utilizzeranno, creando una cultura aziendale aperta all’innovazione.

Intelligenza artificiale. Grande potere, grande responsabilità (cit. Spiderman)

Le rivoluzioni oltre alle enormi potenzialità, portano anche sconvolgimenti e nuove e delicate responsabilità. Satya Nadella, in modo molto schietto, ci ricorda che l’IA non è un giocattolo. Prima di liberare nel mondo agenti intelligenti capaci di decisioni autonome, dobbiamo affrontare seriamente questioni etiche e legali. Vediamo come.

Il primo punto chiave è la fiducia. Prima di delegare compiti sempre più complessi alle macchine, è indispensabile che ci sia un rapporto di fiducia tra umani e IA. E questa fiducia non nasce per caso, ma si costruisce con regole chiare, trasparenza e responsabilità.

Se un’intelligenza artificiale commette un errore (e succederà), chi sarà il responsabile? L’azienda che l’ha creata, il dipendente che l’ha istruita o l’IA stessa? Satya Nadella, con la concretezza di chi guida una delle aziende più influenti al mondo, sottolinea che nessuna società accetterà di avere “agenti” fuori controllo. Per questo, la questione legale sarà cruciale nei prossimi anni.

Bisognerà definire chiaramente diritti, doveri e responsabilità in un mondo sempre più ibrido tra uomo e macchina. Una cosa che oggi è ancora difficile da immaginare per noi ma che apre scenari nuovi.

Tempo fa ho riportato come i modelli di IA sono stati messi in un “campo da gioco” per collaborare insieme e si sono comportati in maniera diversa a seconda dei modelli, generosi o avidi, proprio come noi (riflettendo il training con cui sono stati allenati probabilmente).

 Gli agenti hanno potenzialità di evolvere come le società umane e di sviluppare linguaggi “alieni”, cioè propri e ottimizzati per le loro necessità. Le reti neurali profonde hanno dimostrato capacità emergenti non preventivate. Quindi la sfida sarà quella di adeguare il controllo con la velocità con cui la tecnologia evolve. E sicuramente da qui di nuovo nasceranno nuovi mestieri e specializzazioni e alcuni dipartimenti (penso all’HR) o funzioni apicali credo si troveranno a gestire agenti e umani. Comunque, anche Nadella pensa che le aziende dovranno monitorare costantemente i comportamenti degli agenti intelligenti, prevedere scenari problematici, e dotarsi di strumenti per intervenire rapidamente.

Non c’è bisogno di essere catastrofisti, dice Nadella, ma non possiamo nemmeno fare come gli struzzi e mettere la testa sotto la sabbia. Vigilanza e prudenza devono essere le parole d’ordine, insieme a un continuo aggiornamento delle norme legali che regolano il nostro rapporto con queste nuove “creature digitali”.

Avanti con giudizio

Satya Nadella chiude la sua intervista con un invito all’ottimismo, ma anche alla serietà. L’intelligenza non è solo un’opportunità economica: è un’opportunità di crescita umana, a livello sociale, professionale e personale aggiungo io.

Ma attenzione, perché non è finita qui. Il futuro che ci racconta Nadella è una storia di infrastrutture globali, grandi come cattedrali, chiamate “hyperscale”. Immaginate data center come immense fabbriche di pensiero digitale, che supportano miliardi di calcoli al secondo: sono loro il cuore pulsante dell’IA, e non solo. Proprio come una volta le grandi autostrade portarono progresso, oggi queste reti gigantesche di server portano intelligenza artificiale in ogni angolo del pianeta.

Ma c’è un’altra faccenda, altrettanto interessante: la battaglia tra modelli open source e proprietari. È un po’ come scegliere tra il ristorante stellato e la trattoria del quartiere: uno offre l’esclusività, l’altra accoglienza e varietà. Secondo Nadella, in questa sfida nessuno vincerà del tutto, perché ci sarà sempre spazio per entrambe le strade.

E qui arriva il punto cruciale: l’intelligenza artificiale diventerà così diffusa che sarà come l’aria, invisibile ma indispensabile. Microsoft, in tutto questo, non vuole fare la parte del semplice spettatore: punta a rendere l’IA un servizio comune, una sorta di utility come l’acqua o la luce. Infine, c’è quel sogno esotico chiamato quantum computing, la tecnologia che, a detta di Nadella, potrebbe comprimere 250 anni di scoperte scientifiche in appena 25 anni. Una rivoluzione che fa sembrare il futuro meno lontano, quasi a portata di mano.

Dobbiamo prepararci, studiare, regolamentare e gestire questi nuovi strumenti, con la consapevolezza che il futuro è (per il moment) nelle nostre mani. L’IA non sarà una minaccia, se sapremo governarla con intelligenza o anche spegnerla, quando necessario.

E questa, forse, è la sfida più importante di tutte insieme a quella di mantenere la capacità umana logica e di ragionamento e di non delegare tutto all’IA, con il rischio di disabituarsi a prendere decisioni e di diventare passivi di fronte a scelte fatte da aziende tecnologiche o addirittura da agenti IA.

Insomma, non ci annoieremo!