Lavorando ultimamente ad alcuni progetti su prodotti di stampa per la mia azienda Roland, sono stato incuriosito dall’inchiostro bianco, che spesso usiamo nella stampa digitale di grande formato ma che ha sempre un’aurea di colore particolare.
Ho pensato allora di approfondire l’argomento, mettendo insieme informazioni sull’inchiostro bianco che spesso si trovano in maniera disaggregata ma che possono aiutare a capire l’uso e lo scopo di avere un colore a disposizione che, seppur difficile, è capace di dare invece grandi soddisfazioni.
Il colore bianco nella storia e nella simbologia.
Il bianco è sin da sempre un colore iconico e ricco di significati.
Già nell’antico Egitto era segno di onniscienza, purezza e innocenza e tali caratteristiche, assieme alla spiritualità e alla voglia di cambiamento, sono ancora valide e intese ai giorni nostri (si pensi ai vestiti da sposa oppure i camici bianchi dei medici o nelle funzioni religiose).
Il bianco è da sempre in contrasto con il nero, per esprimere appunto un concetto opposto (si pensi alla notte e al giorno, allo yin e allo yang), tanto che Kandinskij definisce il colore bianco come l’armonia del silenzio, ma altresì pieno di possibilità, abbracciando appunto tutti i colori dello spettro luminoso.
Da sempre utilizzato nelle tecniche rappresentative e pittoriche, sia come colore puro che per effetti su altri colori, il bianco è stato sempre un elemento primario nella riproduzione, sino ai giorni nostri e, come vederemo, nella stampa digitale di grande formato.
L’inchiostro bianco e la stampa digitale di grande formato
Di norma, il bianco non è un colore che troviamo come standard nelle stampanti digitali. E’ un colore complesso nella creazione e nella gestione, e come ogni cosa importante, richiede attenzione e consapevolezza nell’uso.
Il bianco è acromatico, cioè non ha tonalità. Per questo non può essere creato miscelando altri colori della quadricromia (CMYK) o quadricromia estesa (CMYKLcLmLk). Quindi, esso viene creato come colore apposito. La sua composizione gli permette di riflettere il 97,5% della luce.
L’inchiostro bianco è ottenuto dall’uso di pigmenti di biossido di titanio miscelato al veicolo, liquido che funge da trasporto del pigmento e da legante, che appunto lega gli elementi insieme agli additivi vari che servono per la fluidità, per evitare che l’inchiostro si ossidi o si asciughi prima dell’uso (spiegazione semplificata, ci perdoneranno i più tecnici).
Se in media un inchiostro arriva da avere un pigmento in percentuale fino al 20%, nel caso del bianco arriviamo fino al 50%.
Heavy White
Questa particolare composizione e l’alto contenuto di pigmento, ci fa subito capire che il bianco è un colore “pesante”, dove appunto il pigmento tende naturalmente a sedimentare e staccarsi dal veicolo.
Un po’ come succede con i succhi di frutta, dove la parte più “pesante” si deposita nella parte sottostante del contenitore, e dobbiamo quindi agitare la bottiglia prima di bere, così accade con l’inchiostro bianco.
Il pigmento, quando l’inchiostro non è in uso, si stacca dal veicolo e tende a depositarsi a causa del suo peso. Questo accade nella cartuccia così come nel circuito idraulico (i tubi e i damper della testina). Se stampassimo in questa maniera, senza tener conto della sedimentazione, avremo dei problemi nella riproduzione del bianco, con zone più chiare e altre più scure.
Per ovviare a ciò, le periferiche che usano inchiostro bianco (per esempio le Roland TrueVIS con inchiostri ecosolvente, VersaUV con inchiostri UV oppure anche con le tecnologie latex o DTG) hanno sistemi di circolazione forzata dell’inchiostro, che miscela e muove l’inchiostro nel circuito idraulico a intervalli predefiniti, proprio per evitare depositi.
In più, di norma, se s’installa una nuova cartuccia di bianco, oppure prima di iniziare la stampa giornaliera o una volta a settimana, se il bianco è usato raramente nella stampa, bisogna “shakerare” la cartuccia per ripristinare il giusto equilibrio degli elementi.
Per sua natura poi, il bianco ha un costo d’esercizio più alto (all’invio dei dati, il plotter espelle sempre una piccola quantità d’inchiostro per assicurare che la testina sia pronta per stampare), bisogna usare velocità di stampa più basse rispetto allo standard e, a seconda dell’opacità o della copertura che vogliamo ottenere, effettuare più passate di stampa.
Detto questo, capiamo perchè, come abbiamo detto all’inizio, il bianco non è un inchiostro facile e le stampe che includono questo colore avranno ovviamente un prezzo più alto.
Una volta capito come usare il bianco e cosa realizzare, il suo uso da grandi soddisfazioni e ci permette di spingerci più in la nella nostra proposta grafica alla clientela, su applicazioni e servizi più remunerativi. Vediamo quindi dove usare l’inchiostro bianco nella stampa digitale di grande formato le applicazioni possibili.
L’uso dell’inchiostro bianco nella stampa digitale
Avrete sicuramente notato che la maggior parte dei supporti che usiamo per stampare le nostre grafiche sono bianchi. Questo perché il bianco lo otteniamo semplicemente non stampando sulle parti che vogliamo siano bianche.
Nelle applicazioni più di pregio o particolari però, tendiamo a usare supporti colorati, metallizzati, trasparenti o traslucenti. Qui l’uso dell’inchiostro bianco non solo è necessario, ma indispensabile per creare quegli effetti di contrasto che fanno risaltare la grafica finale.
Come accennato prima, l’inchiostro bianco, di suo, è un colore leggero, quindi le coprenze necessarie si ottengono stampando più strati, la cosiddetta sovrastampa, fino a quando il supporto che stiamo stampando è coperto nella misura in cui ci siamo prefissi, in base anche all’assorbenza del supporto stesso.
Spesso chiamato quinto colore o definito colore spot, l’inchiostro bianco fa appunto differenza su carte o supporti colorati, neri, trasparenti, materiali con sfumature particolari, supporti iridescenti, metallizzati, trasparenti cartoncini o carte kraft.
Qui l’uso del bianco diventa parte integrante del progetto grafico per l’aggiunta di effetti unici e on-demand, per piccole produzioni, pezzi unici o prototipi e mock-up.
Gli usi più comuni dell’inchiostro bianco
L’inchiostro bianco si usa da solo (W), in aggiunta al nero (W+K) oppure in aggiunta alla quadricromia CMYK, in combinazione con la quadricromia estesa CMYKLcLmLk (stampabile prime o dopo, a seconda del tipo di progetto grafico W > CMYKLcLmLk o CMYKLcLmLk > W). Proprio nel progetto grafico, il bianco può essere appunto stampato come colore solido o più trasparente.
Nella stampa digitale di grande formato, l’inchiostro bianco può essere usato per definire i contorni di una stampa a colori e farne risaltare la nettezza.
Essendo opaco, non permette che la luce passi attraverso di esso. l’inchiostro bianco quindi fa risaltare gli altri colori rendendoli più vividi, quando il bianco viene stampato prima, su carte scure e supporti più assorbenti. Da notare che l’opacità si regola secondo il numero di passate di stampa di bianco che si fanno.
Essendo poi più visibile (ricordiamoci che riflette il 97% della luce), è perfetto per grafiche a tinta bianca su supporti scuri o colorati, con un contrasto che rende l’immagine profonda e dettagliata.
Non ultimo, se usato come base su supporti traslucenti o trasparenti (adesivi, vetrofanie) restituisce pienamente la giusta tonalità agli altri colori della quadricromia.
Su che tecnologia di stampa digitale di grande formato è disponibile l’inchiostro bianco
Il bianco oggi è disponibile su diverse tecnologie di stampa digitale come l’ecosolvente, l’UV, il tessile e ultimamente anche nel latex.
Roland, già nel 2005, ha introdotto l’inchiostro bianco sulla stampa inkjet ecosolvente con il modello SC-545EXW, e negli inchiostri UV nel 2008 con il modello LEC-300, raffinandola e migliorandola nel corso degli anni. Per completezza bisogna dire che nelle sue macchine a trasferimento termico come la serie ColorCAMM lanciata nel 1995, Roland forniva già nastri di colore bianco per i lavori descritti prima.
Grazie a questa esperienza, che posso dire unica nel settore della stampa digitale di grande formato senza far torto a nessuno degli altri grandi marchi che popolano la stampa digitale di grande formato, oggi Roland ha ampliato l’uso dell’inchiostro bianco e lo troviamo nelle serie TrueVIS (inkjet ecosolvente stampa oppure stampa&taglio), VersaUV (la famiglia di prodotti a inchiostri UV che includono stampanti flatbed, roll-to-roll stampa&taglio e formati benchtop), Direct-to- Garment e Direct-To-Textile.
Giusto per contestualizzare meglio l’evoluzione texnica che Roland ha portato nell’uso dell’inchiostro bianco in tempi così stretti, la famiglia latex ha potuto beneficiare dei primi inchiostri bianchi su stampanti per supporti rigidi solo dopo 10 anni l’introduzione ufficiale dell’inchiostro latex (2008 > 2018) e 13 anni per averli su sistemi roll-to-roll (2008 > 2021). Questo testimonia come implementare il bianco non sia una cosa tecnologicamente così immediata e richiede conoscenza tecnologica e progettuale.
Bianco ecosolvente e UV
Due tipologie d’inchiostro meritano un passaggio ulteriore perchè sono sicuramente tra le più usate e consolidate: ecosolvente e UV.
L’inchiostro ecosolvente penetra nel materiale e diventa tutt’uno con esso mentre l’inchiostro UV si sovrappone alla superfice del materiale, da qui una maggiore versatilità e copertura per supporti più particolari, anche meno porosi.
Per la natura delle tecnologie, le coperture tra ecosolvente e inchiostri UV sono diverse, così come i materiali che si utilizzano.
Utilizzando l’UV quindi, avremo quindi una coprenza maggiore ma con e le operazioni di sovrastampa, si raggiungono ottimi risultati anche con l’ecosolvente.
Ovviamente, molto dipende dal materiale che andremo a stampare e dalle applicazioni che vogliamo realizzare. Le vediamo sotto.
Alcune differenze
Di norma, l’inchiostro UV asciuga (polimerizza sul materiale grazie alle lampade UV) quasi immediatamente, mentre quello ecosolvente necessita di più tempo per l’asciugatura.
In ogni caso l’asciugatura è fondamentale, soprattutto per materiali che assorbono meno l’inchiostro. Ancor più importante se il bianco che stiamo stampando servirà da sfondo ad altri colori che vi stamperemo sopra.
Un’altra differenza tra le due tecnologie, ecosolvente e UV, è che gli inchiostri della prima non hanno praticamente scadenza mentre i secondi scadono dopo un certo periodo.
Il mio consiglio è, una volta identificata la tecnologia più confacente ai vostri obiettivi, di capire le applicazioni e la quantità di lavoro di massima che vi proponete di fare e di eseguire con il vostro rivenditore delle prove per valutare al meglio la resa sui materiali.
Applicazioni con inchiostro bianco
E veniamo finalmente alla parte applicativa. Mi sono dilungato un po’ ma era importante avere una panoramica di tutti gli aspetti dell’inchiostro bianco in modo da poter meglio capire come utilizzarlo nel vostro business. Le applicazioni descritte sono in larga parte riproducibili sia con tecnologie ecosolvente che UV. Discorso a parte per il bianco tessile (sostanzialmente un base acqua) che affronteremo in separata sede.
Carte o substrati scuri o colorati
Carte e cartoncini scuri, metallizzati, iridescenti sono materiali perfetti per le applicazioni con l’inchiostro bianco. Sia per riproduzioni di una grafica singola (ad esempio riproduzioni di un’immagine in bianco su supporto nero) o per la progettazione di mock-up, prototipi, immagini fotografiche a più colori, l’uso del bianco per particolari specifici dell’immagine o come sfondo per la stampa di altri colori, permette di avere effetti molto particolari, evidenziare i colori, diminuire l’opacità del supporto scuro e conservare la matericità del prodotto.
Tanti i prodotti realizzabili tra cui citiamo inviti, biglietti, cartoline, segnalibri, copertine, confezioni, display per punti vendita e poster.
Bianco su bianco
Usando diversi livelli di opacità e stampando bianco su bianco su substrati bianchi, è possibile creare effetti visuali dovuti appunto alle differenze di tonalità tipo “watermark”. Immaginate icone o disegni che su sfondo bianco o bianco sporco risaltino creando delicati effetti grafici.
Effetti dimensionali
Su substrati scuri, è possibile sovrapporre la stampa di vari disegni o icone che hanno opacità bianche differenti. In questa modalità, si creano effetti dimensionali di profondità. Immaginate, allo scopo, dei disegni di cristalli di neve che possono essere stampati in maniera sovrapposta per creare profondità nella grafica.
Bianco come primer
Su materiali scuri o con superfici irregolari come ceramiche, pietra, laminati, legno o MDF il bianco può essere usato a mo’ di primer su cui poi stampare la grafica, lasciando parte del fondo del materiale originale visibile. Questa combinazione crea degli effetti molto particolari e di sicuro impatto.
Proofing per packaging e prototipi
Una delle applicazioni principe, dove il bianco viene usato molto spesso. Infatti, si stampa su pellicole (film) flessibili di colori particolari, bianchi, metallizzati, perlati o trasparenti, che vengono poi successivamente saldati per realizzare i prototipi. Oppure materiali adesivi per etichette trasparenti, materiali termoretraibili, cartoni e cartoncini.
Etichette e stickers
Altra applicazione molto diffusa, soprattutto su materiali trasparenti, metallizzati o traslucenti, sia per produzioni standard come vetrofanie e segnaletica, che per mock-up o proofing di etichette prima di andare in produzione oppure per produzioni limitate.
Materiali trasparenti
Materiali tipo plexiglass (PMMA) sono largamente utilizzati con il bianco per applicazioni come quadri, targhe, pannelli, perché hanno un impatto visivo notevole, sia in termini di brillantezza che di resa colore.
Di norma la stampa a colori viene fatta sulla parte frontale del materiale, senza tuttavia stampare il bianco, che voi viene stampato in maniera speculare nel retro. Nulla vieta di stampare il bianco sulla parte frontale, se l’applicazione lo richiede oppure di realizzare applicazioni bifacciali.
Retroilluminati
L’incredibile ascesa di questo tipo di applicazioni coinvolge anche le stampe con inchiostro bianco. I retroilluminati (altresì conosciuto come backlit, realizzati sia con film che con materiali rigidi tipo lexan o policarbonati), sono utilizzati in tantissimi ambiti come aeroporti, centri commerciali, cinema, per la loro eccezionale resa grafica.
Molto diffusi sono i cosiddetti Day/Night Display, dove l’immagine è di un tipo durante il giorno (unlit) ma quando è illuminata, alla stessa si aggiungono degli effetti grafici visibili solo grazie alla luce (lit).
Di norma sono materiali trasparenti su cui si stampa una porzione frontale (frontlight) e una posteriore (backlight) e in mezzo uno strato di bianco, che funge anche da diffusore di luce.
Per concludere
L’inchiostro bianco offre sicuramente la possibilità di ampliare l’offerta grafica. Abbiamo visto però che è necessario verificare se alla nostra clientela possiamo proporre questo tipo di applicazioni oppure se vogliamo provare con clienti nuovi, che hanno esigenze diverse da risolvere rispetto ai clienti tradizionali.
Un buon book con esempi e dei campioni da lasciare aiuteranno a sollecitare l’interesse dei potenziali clienti.
Lo sforzo sarà ripagato sia da una maggiore marginalità che dalla soddisfazione di aver compiuto un passo verso applicazioni che danno un tono differente alla vostra azienda e la posizionano in maniera più innovativa rispetto ai concorrenti. D’altronde, come detto all’inizio, il bianco è anche sinonimo di cambiamento!
Da ultimo, la consulenza del vostro rivenditore o di un esperto Roland (nel caso siate interessati a una delle soluzioni che abbiamo visto sopra) vi indicherà la tecnologia d’inchiostro più adatta alle vostre esigenze, facendo assieme a voi tutte le prove necessarie per l’uso dell’inchiostro bianco e per un uso giusto e profittevole.